(di Bulldog) C’è una enorme ipocrisia negli alti lai che oggi – partiti, governo, associazioni dei consumatori – tutti lanciano per l’alto costo del carburante in questo Paese che, una volta cessata la fase degli aiuti di Stato, è balzato a 2,5 €/litro in autostrada, in alcune pompe servite, per la benzina. L’ipocrisia sta in più aspetti: ne indico un paio.
Il primo, il peso delle accise: da sempre la benzina è lo strumento principe dello Stato per incassare tributi senza difficoltà. Ed infatti se guardiamo come è formato il prezzo di un litro di carburante vediamo che l’IVA è di circa 0,30€/litro; le accise (imposte indirette) pesano invece per 0,7 €/litro. Il resto è costo del carburante (estrazione, trasporto, raffinazione, distribuzione e compenso degli esercenti): il 55% di quanto spendiamo – insomma – va alla Repubblica Italiana. Ci sono 19 accise sui carburanti: paghiamo ancora per la Guerra d’Etiopia del 1935 che risulta infatti come uno dei migliori affari mai realizzati dallo Stato unitario. Una guerra così al secolo e i conti sono a posto…
Il secondo: le “spese fiscali”. Ovvero, tutti quei provvedimenti – bonus, agevolazioni, sconti fiscali – che i governi nazionali concedono a vantaggio dei contribuenti: una massa di quattrini enorme che il governo decide di non incassare per premiare settori produttivi, gruppi sociali ecc. Nel 2018 le 466 spese fiscali ammontavano complessivamente a 54,2 miliardi di euro (54,9 nel 2019 e 54,7 nel 2020). Di questi, circa 35 sono in carico all’Irpef che complessivamente cuba 188 miliardi lordi (come evidenzia la tabella). Insomma, già lo Stato non incassa un cazzo e quel poco che incassa lo spende in mance e marchette varie.
Questo per dire che basterebbe che il Governo chiudesse buona parte dei bonus e trasferisse quel risparmio sulle accise per abbattere considerevolmente il costo alla pompa di benzina ed anche l’inflazione in questo Paese (con evidenti benefici di sistema, va detto).
E ancora, basterebbe che il 50% dei contribuenti italiani che non pagano legalmente le tasse (soltanto 30 milioni di italiani pagano almeno 1 euro di Irpef l’anno: 10 milioni di contribuenti vivono con meno di 3.750€ lordi l’anno, 8,1 milioni invece hanno redditi compresi fra 7.500 e 15mila€ l’anno, altri 5,5 milioni arrivano a 20mila € lordi l’anno, ovvero mille euro al mese) iniziassero a pagare qualcosa senza scaricare sugli altri il costo delle prestazioni sociali di cui beneficiano.
Guardate quanto costa la sanità (il cui budget per le nostre casse è salito di altri 4 miliardi quest’anno) e quanto paghiamo per le pensioni. Certo, a nessuno piace tagliare i servizi ai nostri malati e ai nostri nonni, ma almeno smettiamola di dire supercazzole sulla riduzione dell’Irpef, del cuneo fiscale. Lo Stato, e i Governi che lo guidano , la smettano di fare marchette e di sprecare i pochi soldi che incassano. E, soprattutto, la smettano di fare debiti. Spendano meno quattrini e già questo aiuterebbe il Paese.
Certo, questo vorrebbe dire parlare senza raccontare balle agli Italiani e invece di folli promesse dir loro che “la pacchia è finita”; che invece di spendere soldi in lotterie, scommesse, seconde case, pay tv e animali di compagnia, gli italiani debbono invece spendere un po’ per le prestazioni sanitarie di cui beneficiano e in contributi per garantirsi le pensioni future. L’era delle cicale sarebbe finita da un pezzo, anche nel paese dei balocchi…