Dal primo gennaio la Croazia, che ha aderito all’Ue nel 2013, è entrata nell’Eurozona e nell’area Schengen di libera circolazione in Europa. Dopo dieci giorni sente già l’effetto euro, cosa che in Italia abbiamo sperimentato vent’anni fa, e i prezzi dei generi alimentari e dei servizi sono schizzati in alto. Effetto psicologico? Speculazione? Il governo propende per questa seconda ipotesi, tanto che ha già annunciato provvedimenti per far fronte ai rincari dal 5 fino al 20 per cento, pane e burro anche del 30, che riguardano per lo più arrotondamenti che in molti casi superano di molto la logica della conversione dalla kuna alla moneta unica. Sul banco degli accusati i commercianti e anche alcune catene di supermercati. Il premier Andrej Plenković ha accusato “una parte dei commercianti e degli imprenditori di approfittare della transizione dalle kune croate all’euro con questo comportamento irresponsabile” ed ha annunciato interventi se entro venerdì la situazione non si normalizzerà. Come aumenti di tasse e imposte mirati, abolizioni di sussidi per gas ed energia o il congelamento per legge ai livelli di dicembre dei prezzi di centinaia di articoli.
Una delle voci più importanti dell’economia croata è il turismo. Dopo la dissoluzione della Yugoslavia e l’indipendenza di Zagabria le coste sono diventate una delle mete preferite del turismo soprattutto italiano, tedesco ed austriaco, attratto dai prezzi vantaggiosi che la kuna garantiva. Sarà così anche per la prossima estate? La domanda se la pongono molti italiani che amano la costa giuliano-dalmata non solo per la bellezza e per il mare, ma anche perché passare in Croazia le vacanze significava anche un bel risparmio.