(di Francesco Bovolin) Non avrei scritto questo articolo se non avessi letto la denuncia sull’argomento scritta dall’ottimo collega cardiologo Lorenzo Bolomini, il quale illustra come l’inappropriatezza prescrittiva, cioè la prescrizione di una inutile mole di esami strumentali, sia anche la causa di problematiche legate a ogni ambito medico.
Partiamo dall’odontoiatria. Recenti sentenze hanno punito alcuni odontoiatri che, a ragione o a torto, avevano prescritto a loro pazienti indagini radiologiche (TAC Cone Beam, CBCT, perdonate la terminologia da addetti ai lavori) non motivate, o meglio “non contestuali, integrate e indilazionabili” con il percorso diagnostico/terapeutico in atto. Come a dire che non ve n’era stretta necessità ma sono state prescritte ed eseguite. E poiché tali indagini oltre ad avere un costo sono anche esami che espongono il paziente ai raggi X col rischio di conseguenti patologie tumorali, sulla base di recenti disposizioni di legge (decreto 101/2020) la Corte di Cassazione ha condannato un dentista che nel merito era stato denunciato dal paziente.
Subito s’è aperto uno scenario di “esperti e qualificati” legali che hanno cercato di tracciare dei percorsi virtuosi per gli odontoiatri. Modulistica, comunicazione col paziente, creazione di scenari diagnostici eccetera. Li ho letti, ma alla fine il sunto riporta sempre a due pilastri, i soliti, del rapporto medico-paziente: l’onestà del medico e la fiducia del paziente. E’ inutile porre paletti al diritto del medico di indagare prima di una diagnosi e relativa terapia se da parte sua non c’è l’onestà professionale per esercitare la sua arte. E’ altrettanto inutile pensare che un modulo, un pezzo di carta, possa porre al riparo il medico dalla denuncia di un paziente se alle spalle di tutto ciò non esiste quella reciproca fiducia che permette al paziente di porre la sua salute nelle mani del curante e concede a quest’ultimo il diritto/dovere di fare per lui il meglio, scevro da interessi economici e da limiti culturali professionali.
La cultura della tecnologia, che da decenni ormai ha pervaso tutto il mondo, non può e non deve prevaricare la cultura depositata, stratificata, elaborata nel cervello del professionista. Studi, esperienza, emozioni rappresentano una sommatoria a tutt’oggi insuperata dalle intelligenze artificiali.
E qui si ricollega lo scritto del dott. Bolomini, cardiologo e volontario di Emergency, il quale (L’Arena del 15/01/2023) denuncia come il malvezzo di richiedere con censurabile facilità esami radiologici, ecografici, di laboratorio e strumentali di ogni genere, comporti anche un inutile allungamento delle liste d’attesa che pongono in seria difficoltà coloro che ne hanno veramente bisogno in confronto a coloro che invece li eseguono solo per una immotivata richiesta. Senza porre in secondo piano gli enormi costi per la sanità che questa brutta abitudine comporta.
Ma d’altra parte non possiamo sottacere a giustificazione dei prescrittori, continua Bolomini, anche l’esistenza di una “medicina difensiva”, di un’ immagine distorta in base alla quale chi più prescrive più è bravo e infine di un’errata aspettativa da parte dei pazienti che chiedono con insistenza l’esecuzione di esami a loro parere necessari ma che invece potrebbero benissimo essere ritenuti inutili dal curante.
La discussione, l’approfondimento di queste tre tematiche, sono tropo vasti per essere trattati in questi spazi. Da decenni esistono protocolli e linee guida che dovrebbero tracciare la via migliore per i medici sul comportamento da tenersi in ogni situazione. Ma la medicina è una scienza empirica, non una scienza esatta, e come tale presenta innumerevoli sfumature che solo il curante può interpretare e per le quali deve avere libertà di comportamento che si può basare solo sulla preparazione e sull’onestà del rapporto medico-paziente.
Quindi facciamo un passo indietro? Si, facciamolo. Rivalutiamo la figura del medico. Non certo tornando al paternalismo di decenni fa, ma almeno affermiamo che il rapporto umano è la chiave di lettura giusta anche ai giorni nostri per i problemi di salute. Non c’è macchina che tenga, le tecnologie sono al nostro servizio e non viceversa. Le redini del comando siano sempre del medico. Preparazione, esperienza e sentimenti li ha solo l’uomo. Le macchine, per fortuna, ancora no. Nei secoli passati l’uomo, quando non riusciva a dare risposta alle sue domande, si rifugiava spesso nella magia e nella superstizione. Ora invece, pur avendo la scienza a sua disposizione, tende a volte a sconfinare nella tecnologia. E’ il solo pericolo?
No, ce n’è un altro, del quale magari parleremo in un’altra occasione, ed è la burocrazia. Prima però mi devo studiare l’articolo 12, comma 135, della legge 6733/1946, modificata D.P.R. n.65 del 14/06/1982, commi 7 e 9, e gli articoli 34 e 35 del DPCM provvisorio 21 aprile 2001 e successive modifiche, viste sentenze TAR e Corte di Cassazione 2012 e successive norme applicative regionali, e vista la direttiva EU n.22-2014 che abroga le precedenti 66, 67 e 68 del 2013.