Il 17 gennaio è la Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali, istituita per valorizzare e far conoscere i dialetti che rappresentano un patrimonio culturale di valore inestimabile.
Il Veneto è una delle regioni italiane dove il dialetto viene parlato di più. Dialetto, s’usa dire. Ma sarebbe più giusto chiamarla lingua. Come alcune parlate delle penisola, è una lingua neo-romanza che si è sviluppata dal latino. Esattamente come l’italiano, il francese, lo spagnolo, il portoghese. Con la sola differenza che ad essa oggi non corrisponde un’entità statuale. Oggi, perché c’è stata per molti secoli, fino al 1866, anno di annessione del Veneto al Regno d’Italia. Se poi si considera che per “fare gli italiani” come disse Massimo d’Azeglio all’indomani dell’unificazione, l’italiano, lingua ufficiale del Regno, venne spinto in ogni modo per soppiantare la parlate locali, considerate un ostacolo al processo unitario, si capisce perché il veneto è stato definito col termine di dialetto e non di lingua. Rango che invece spetta ad una parlata quando, oltre ad essere usata con continuità nel tempo da un congruo numero di persone esprime anche una letteratura e altre forme espressive.
La lingua veneta è una lingua europea originata nella Venetia storica e parlata da 8 milioni di persone. È catalogata dall’ISO (codice lingua: VEC) e riconosciuta dall’UNESCO. E’ stata inoltre riconosciuta come patrimonio linguistico-culturale dalla Legge Regionale (8/2007).
C’è anche una proposta di legge del deputato padovano Massimo Bitonci affinché il veneto venga inserito tra le lingue delle minoranze etniche tutelate dall’articolo 6 della Costituzione, come l’albanese, il tedesco, il ladino e il francese, modificando la legge 482/99 che le tutela.
Zaia, molto sensibile a questo tema, in occasione della Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali ha dichiarato che “per i veneti il dialetto non è solo una lingua ma è una parte fondamentale del vivere quotidiano, della nostra storia e delle nostre tradizioni. In veneto sette persone su dieci parlano veneto, un dato che non può essere interpretato come mera statistica ma che rappresenta invece un sentimento ed un attaccamento verso la lingua madre, quella che viene dal cuore. Quella che riflette il modo stesso di pensare e di vedere il mondo. Ecco perché l’affermazione e la tutela della nostra identità non possono prescindere dalla difesa e dalla valorizzazione della nostra lingua”.
“Nel marzo 1988 il Consiglio d’Europa ha affermato come ‘il diritto delle popolazioni ad esprimersi nelle loro lingue regionali o minoritarie nell’ambito della loro vita privata e sociale costituisce un diritto imprescrittibile’ – ha proseguito Zaia – E’ quindi legittimo dare il giusto rilievo a quello che viene impropriamente definito ‘dialetto’ e che in realtà è una vera e propria lingua, nella quale è racchiuso il nostro patrimonio genetico e identitario. Una lingua viva, fatta di tante parlate locali, alla quale nel nostro territorio si aggiungono anche altre importanti realtà, come ad esempio il ladino, il cimbro, le parlate del friulano e del ferrarese, che consideriamo preziose risorse culturali, che vogliamo siano conservate a valorizzate anche in futuro”. Ed ha concluso:“Gli Stati più avanzati e rispettosi dei diritti delle minoranze hanno capito che quando un popolo è cosciente della propria identità è più disponibile alla comprensione delle culture altrui: la lingua veneta e la sua tutela non sono un vezzo identitario, ma sono un modo per raccontare agli altri chi siamo e per portare questa nostra ricchezza al mondo”.