(di Stefano Tenedini) Dopo le preoccupazioni per la fusione e le speranze di un passaggio indolore, per i dipendenti dell’ex Gruppo Cattolica ora confluito in Generali la doccia fredda è arrivata. Ma forse, rispetto a quanto poteva accadere e al contesto economico e lavorativo italiano, è solo tiepida, anche se non è facile accettare un peggioramento delle condizioni retributive e contrattuali.
Perché in sintesi è proprio questo che sta succedendo. Generali ha informato i circa 560 dipendenti di Cattolica Services (che si occupano dei servizi di gruppo e soprattutto della liquidazione dei sinistri) che in conseguenza alla fusione in Generali Business Solutions entrata in vigore il 1° gennaio, il loro contratto integrativo è venuto meno e verrà applicato quello di Generali Italia. La perdita economica, tra stipendio, welfare, buoni pasto e altri istituti si aggira, confermano fondi sindacali, intorno al 15%. Inoltre vengono rimessi in discussione, sempre in una logica di integrazione, anche la copertura sanitaria e il fondo di previdenza complementare, per cui è è prevista una revisione delle condizioni con una perdita di rendita. Lo stesso accadrà a tutti gli altri dipendenti del dell’ex Gruppo Cattolica, destinati a confluire in Generali Italia il 1° luglio.
Nei giorni scorsi, a un incontro cui hanno partecipato First/Cisl, Fisac/Cgil, Fna, Uilca e Snfia, i vertici di Generali Italia (tra cui la responsabile Risorse umane Maurizia Cecchet e il Country general manager Gianluca Perin, oltre all’AD e direttore generale di Cattolica Samuele Marconcini col responsabile Risorse umane Marco Taurino) hanno presentato l’integrativo nella sua nuova veste. In cui, oltre alle disposizioni che abbiamo descritto e che hanno generato un comprensibile malcontento, è contenuta anche una clausola che ammorbidisce parzialmente il colpo. Nel 2023, come parziale compensazione, ai dipendenti ex Cattolica verrà infatti erogato un assegno lordo pari al 50% della differenza tra l’integrativo fin qui riconosciuto e quanto viene applicato a chi lavora nel Gruppo Generali. Dal 2024, poi, sarà l’integrativo del Leone a essere riconosciuto a tutti.
E di fronte a queste condizioni – e forse anche perché dovevano essere applicate nella loro integrità altrimenti non sarebbero state applicate affatto – ad approvare l’intesa sono state solo le quattro sigle sindacali First/Cisl, Fna, Uilca e Snfia. La Fisac/Cgil ha rigettato l’accordo, una scelta poi confermata nella votazione degli iscritti ma criticata da First/Cisl, che è da sempre il sindacato più rappresentativo tra i dipendenti di Cattolica.
“È un momento difficile e anche doloroso, ma ci siamo trovati di fronte a una situazione nuova quando ci hanno spiegato che il contratto integrativo dei dipendenti Cattolica costava nel complesso il 38% in più di quello di Generali”, spiega Fabrizio Pavan di First/Cisl. “Sul piano dell’integrazione ci siamo resi conto che non poteva essere sostenibile, e quindi abbiamo dovuto subire una trattativa che sebbene da un lato ha visto tutelata almeno una parte economica, ci ha costretti a perdere sull’altro lato, quello normativo. Il confronto è partito dall’affermazione che per Generali l’ingresso in Cattolica è stato come una sorta di “soccorso” a una compagnia in difficoltà, e quindi sarebbe stato impossibile giustificare un integrativo così oneroso per il Gruppo, i cui 17 mila dipendenti hanno da sempre un contratto molto meno costoso”.
Il punto chiave, sottolinea Pavan, è stato espresso molto chiaramente: insistere per salvaguardare l’integrativo avrebbe anche potuto significare mettere a rischio il mantenimento della sede di Verona, con tutto ciò che comporterebbe un trasferimento di ruoli – a Milano o Mogliano Veneto – per un migliaio di persone. “Invece con questa intesa, che ribadisco ci amareggia, non vediamo messe in discussione altre problematiche, se si esclude il necessario riordino di alcune piccole società del gruppo, la cui situazione era peraltro già in discussione anche al tempo della stessa Cattolica”, aggiunge.
“Il nostro integrativo veniva da una piattaforma che avevamo portato a casa negli anni nel quadro di un ottimo welfare, ma oggettivamente il rischio poteva essere eccessivo: non solo la sede di Verona, ma ricordiamoci che se non ci fosse stata Generali oggi potremmo essere qui ad affrontare addirittura licenziamenti o esuberi”, precisa Pavan. “E poi atterriamo sul miglior contratto assicurativo nazionale della categoria, nel gruppo più solido d’Italia e con proiezioni internazionali, il che sta già generando nuove opportunità anche per i nostri colleghi più giovani. Per chiudere l’integrativo, i nostri iscritti lo hanno accettato consapevoli che era la migliore soluzione possibile, e da adesso in poi possiamo pensare a come costruire una nuova piattaforma con tutti i 17 mila dipendenti di Generali. Il contratto in vigore scade a fine anno, e abbiamo già rapporti in questo senso con i colleghi sindacalisti del gruppo. Non escludo che alcuni elementi del nostro integrativo, come ad esempio il mantenimento dei nove diversi trattamenti per il part time, di cui siamo orgogliosi, possa in parte diventare patrimonio per tutte le Generali”.
Di ben altro avviso Fisac/Cgil e la stessa Cgil di Verona, che sottolinea come “i lavoratori e le lavoratrici di Cattolica Assicurazioni si vedono decurtare salario e prestazioni del Fondo pensione, entrambi frutto della storica contrattazione integrativa che come d’incanto viene eliminata dagli archivi e dalla memoria”. Fisac/Cgil aggiunge di ritenere “intollerabile la mancanza di attenzione di un così grande gruppo nazionale alla centralità della persona e alla storia sindacale”, si conferma “a fianco delle lotte di Cattolica Assicurazioni e si attiverà per portare queste problematiche all’attenzione delle istituzioni”.
E a rendere visibile e concreto quanto la situazione si sia fatta delicata anche per le dinamiche interne ai sindacati, domattina, giovedì 9 febbraio tra le 10 e le 11 in piazza Bra – davanti alla Gran Guardia, dove è in programma un incontro fra i dirigenti del gruppo – Fisac/Cgil ha annunciato come forma di dissenso un presidio di dipendenti Cattolica.