La caccia è un argomento divisivo. Se nella società agricola di più di un secolo fa era accettata senza tanti problemi, oggi c’è una larga fetta di opinione pubblica che è contraria. Le recenti decisioni del governo in seguito alla presenza di cinghiali anche all’interno di alcuni centri urbani che consentono ai cacciatori di abbatterli hanno suscitato polemiche e riportato d’attualità il tema caccia sì, caccia no.
Per saperne di più e per dare alla questione un approccio serio L’Adige ha sentito uno dei massimi esperti della materia: Michelangelo Federici di Gorzone, veronese, responsabile dell’Accademia veneta di gestione faunistica, cultura della caccia, conservazione della natura e presidente dell’Associazione provinciale accompagnatori esperti di Verona, portavoce del Coordinamento regionale veneto per la gestione faunistica.
Lei è un grande esperto di caccia. Com’è la situazione in Veneto?
Io mi occupo solo di caccia di selezione agli ungulati, la caccia più evoluta, sostenibile, scientificamente fondata che esista ed il cui scopo primario è la conservazione di specie ed ambiente. Le cose della caccia, in Veneto, non sono mai andate molto bene, ma da quando la Regione ha avocato a se la gestione della caccia, sono andate peggio.
Perché?
Le ragioni sono molteplici: disinteresse da parte dei politici; assenza di vere competenze ai vertici, cosicché le decisioni vengono prese da personaggi ai quali manca una preparazione tecnico-scientifica indispensabile per legiferare; scarsità di personale addetto all’ufficio caccia; presenza di personaggi politici che interferiscono, in modo estremamente negativo, non per amor di caccia ma, approfittando dell’ingenuità e dell’impreparazione dei cacciatori, per amor di voti.
E le conseguenze?
Questa situazione ha portato ai molti risultati negativi che qui è troppo lungo elencare. A noi interessa la caccia di selezione, alla quale, con specialisti di primo piano, docenti universitari ed esperti di alto livello stiamo lavorando da anni con risultati notevoli.
Che cos’è la caccia di selezione?
La caccia di selezione, operata solo da cacciatori che hanno seguito corsi a norme Ispra, prevede solo abbattimenti su piano di prelievo, redatto dopo accurati censimenti. Un prelievo fatto su classi di sesso ed età in modo da incrementare e stabilizzare le popolazioni di ungulati. Non fa prelievi se le popolazioni non sono in numeri compatibili e impiega solo armi di precisione con ottiche di puntamento, in modo da infliggere meno sofferenza possibile, con abbattimenti puliti ed istantanei. La fauna è un bene di tutti, anche di chi ama la natura e cacciatore non è.
E invece?
Invece nel “calendario venatorio del Veneto” propone per il prelievo di queste delicate specie anche una caccia “non selettiva” con uso di cani da seguita, chiamandola “caccia tradizionale”. Non sappiamo chi abbia consentito di inserire tale norma che è in contrasto con il parere ISPRA e corrisponde al più assoluto analfabetismo venatorio.
Una caccia del tutto irresponsabile come quella agli ungulati con i segugi, rischia di danneggiare gravemente, in tempi brevi, il lavoro fatto in molti anni. Abbiamo scritto all’Assessore alla Caccia, agli uffici deputati, a molti Consiglieri regionali esponendo questo grave problema. Finora nessuna risposta.
Perché definisce irresponsabile la caccia non selettiva ?
Nelle zone abitate da ungulati sguinzagliano i cani. Una volta raggiunto l’animale lo inseguono abbaiando fintanto che giunge ove sono appostati i cacciatori che sparano ad un animale in corsa disperata, esausto, talora semi-nascosto dalla vegetazione, con armi e munizioni di scarsa precisione. In una caccia di questo tipo è impossibile distinguere età e, spesso, sesso degli animali. E’ facile che vengano inferti inutili ferimenti con sofferenze inaccettabili per l’ungulato. Inoltre le carni, troppo invase da acido sarcolattico dovuto all’ enorme stress e fatica della fuga, sono inutilizzabili. Il capriolo, ad esempio, dopo un lungo inseguimento da parte dei segugi, subisce uno stress tale da portarlo spesso alla morte.
E questa valutazione vale anche per l’abbattimento dei cinghiali?
Forse tali battute sono ammissibili per il solo cinghiale che deve essere drasticamente ridotto di numero. Ed anche qui, ci sono seri dubbi perché molti studiosi dicono che, per la riduzione delle popolazioni, la caccia selettiva sarebbe più efficace ha parlato di caccia tradizionale: che cosa intende?
Il termine “caccia tradizionale” non significa nulla. Fino a 40 anni fa nelle Prealpi Venete, ungulati non ve ne erano o erano in numeri irrilevanti. Non si vede pertanto come la caccia con cani da seguita potesse essere “tradizionale”, come era certamente quella alla lepre. Ma anche se fosse davvero stata “tradizionale” è ovvio che certe tradizioni possiamo accettarle e altre no. Era tradizionale anche la caccia agli uccelletti col vischio e con l’uso di trappole come gli “archetti”, cacce che oggi fanno orrore per la loro crudeltà. Così come è crudelissimo un lungo inseguimento con i cani per un capriolo. D’altronde anche la “rupe Tarpea” era una tradizione Romana…