Il numero dei Municipi italiani è sceso solo di 200 unità in 20 anni: siamo ancora un Paese di piccoli Comuni. La Fondazione Think Tank Nord Est il 16 febbraio in un convegno al Senato ha discusso come rilanciare le fusioni fra i comuni, che dal 2001 ad oggi sono 7.901 in tutta l’Italia, con un calo di circa 200 unità.
Il 70% dei comuni italiani ha meno di 5.000 abitanti: sono a 5.529, dei quali 2.005, il 25%, ne hanno meno di 1.000.
I piccoli Comuni si trovano soprattutto in montagna, nel Nord Ovest, in Trentino Alto Adige e in Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e Molise, ma ce ne sono anche nelle pianure del Nord, in Basilicata, Calabria e Sardegna. In queste zone le aggregazioni fra i paesi in un singolo comune sono rese difficili dalle comunicazioni.
Ma grazie alle fusioni il numero dei comuni è calato. E ciò significa minori spese, perché mantenere due amministrazioni comunali invece di una, rappresenta un risparmio. Senza considerare la razionalizzazione dei servizi che si rende possibile se due o più paesi fanno capo alla medesima amministrazione comunale. Il meccanismo per le aggregazioni è il referendum. Se la maggioranza degli elettori dei comuni dov’è proposta la fusione è favorevole, scatta l’iter previsto dalla legge.
Dal 2001 ad oggi ci sono stati 268 referendum che per il 54,4% dei paesi interessati hanno approvato le fusioni. La maggior parte delle fusioni sono avvenute in Lombardia: 61. Segue il Trentino con 48 referendum dei quali è stato approvato il 60,4%. In Veneto, Emilia-Romagna e Toscana c’è stata una trentina di consultazioni con le quali è stata approvata la metà delle fusioni proposte.
InPiemonte su 27 referendum c’è stata una percentuale di approvazione dell’85,2%.