(di Giorgio Massignan) Gli strumenti urbanistici, molto spesso, sono stati e lo possono essere ancora, le piattaforme tecniche che giustificano e notificano la speculazione edilizia. Negli ultimi decenni, non di rado, nella stesura dei piani regolatori si è infiltrata la criminalità organizzata. Gli amministratori politici e gli investitori privati, preferendo un sistema di pianificazione territoriale basata su un meccanismo discrezionale e decisionale, che escludeva tutti coloro che non rientravano tra ‘gli amici’ e, operando un duro ostruzionismo nei confronti di ogni forma di urbanistica partecipata, hanno facilitato l’inserimento di soggetti legati alle mafie.
La criminalità organizzata ha trovato nella stesura dei piani regolatori e nella successiva attività edilizia, un modo perfetto per investire e ripulire il denaro proveniente dalle attività illecite.
Con la crisi dell’economia pubblica, il ruolo dell’investitore privato ha assunto una grande importanza nella pianificazione territoriale e le organizzazioni criminali, strutturate come vere e proprie aziende, sono riuscite ad avvicinare e controllare parecchie personalità politiche e, intervenendo attraverso professionisti incensurati e/o prestanome, a condizionare gli operatori economici, portando denaro liquido da investire in operazioni edilizie. Le infiltrazioni mafiose al nord non significano mitra e lupare, ma opportuni contatti con il potere politico e finanziario per influenzare le scelte d’uso del territorio. A differenza del passato, le mafie non agiscono con opere abusive, contando su sanatorie e condoni, ma “suggerendo” le destinazioni d’uso durante la stesura dei Piani Regolatori, legittimando in tal modo scelte urbanistiche ed edilizie a loro più vantaggiose e acquisendo diritti che nessuno potrà bloccare. In questo modo, le mafie non costruiscono nulla di abusivo, ma tutto è realizzato secondo le norme urbanistiche ed edilizie approvate. Gli interessi mafiosi sulla gestione della città si confondono con le altre speculazioni edilizie del mercato legale, o con gli effetti di una pianificazione ispirata dalle richieste degli investitori privati, incuranti dell’interesse comune e asservite al profitto immobiliare.
Se nel passato erano i rappresentanti della criminalità organizzata che cercavano gli amministratori per fare affari; ora sono i politici a rivolgersi agli esponenti in doppio petto delle mafie per garantirsi voti, carriera politica e soldi.
Con questo sistema, le imprese mafiose riciclano il denaro sporco, si arricchiscono, inquinando il tessuto sociale, politico, economico, ambientale del contesto in cui operano e devastano il territorio.