Un medico su 3 vorrebbe lasciare l’ospedale per avere una retribuzione adeguata e più tempo libero. Lo dice un’indagine del sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed condotta su più di duemila camici bianchi. Sono soprattutto quelli fra i 45 e i 55 anni ad essere insoddisfatti del loro lavoro e del loro modo di vivere, con notti insonni e turni massacranti, mal ripagati da stipendi inferiori a quelle dei loro colleghi esteri. Insoddisfazione direttamente proporzionale all’età, perché spesso, raggiunta una certa anzianità di servizio, i medici non si ritengono adeguatamente gratificati non solo dalla retribuzione, ma anche dal riconoscimento professionale.
Il 63,9% vorrebbe uno stipendio più alto e il 55% più tempo da dedicare alla famiglia o ai propri interessi, specialmente le donne e i giovani.
Sulla base di queste motivazioni, e in misura minore per le difficoltà di carriera, in medico su tre 1 su 3 vorrebbe cambiare lavoro. I più scontenti sono i medici che lavorano in meridione il 64,2%, ma anche il 53,6% degli insoddisfatti del nord denota una crisi professionale preoccupante. Preoccupante per tutti, non solo per gli ospedali che rischiano un esodo di massa che ne metterebbe in crisi l’organizzazione, ma per i riflessi pesantissimi che questo avrebbe anche sui pazienti e sull’intera tenuta del Servizio sanitario nazionale. Già mancano i medici. Se poi quelli che ci sono vanno anche via…
Il problema va affrontato a 360 gradi. Fine del numero chiuso a medicina, aumento dei posti nelle scuole di specializzazione, possibilità di assunzione a tempo indeterminato degli specializzandi, revisione delle retribuzioni. Il tutto dipende anche da quanto l’Italia vuole spendere per la salute. Il 6,1% del Pil è troppo poco. La media europea e quasi del doppio!