(di Bulldog) I servizi di sicurezza dello Stato da qualche giorno stanno redendo noti i dati sul numero di persone che nei campi libici attendono un “passaggio” per entrare in Europa attraverso l’Italia. Sono poco meno di 700mila persone, attualmente in mano a scafisti e trafficanti di uomini che attendono soltanto i dollari per traghettarli da questa parte del Mediterraneo. Sei volte tanti quelli arrivati in Italia l’anno scorso. Non si sa in quanti, in Tunisia, puntino allo stesso obiettivo: sappiamo però che, al momento, i tunisini rappresentano la quarta nazionalità fra gli immigrati che sono riusciti a sbarcare sulle nostre coste. Quindi, in arrivo ce ne saranno tanti anche nei prossimi mesi.
Ora possiamo attendere che sbarchino e iniziare con le solite sceneggiate: “dovevate prenderli“, “dovevate affondarli“, “sono dei poveri Cristi come noi nell’Ottocento“, “sono dei banditi che vengono a delinquere” . Possiamo anche far finta di accoglierli e spedirli dai caporali della Puglia e della Campania (caporali non esclusivamente nazionali come registrano le cronache) per raccogliere i pomodori, l’uva da tavola sotto i tendoni, i carciofi… e peggio per loro se dormiranno nelle baracche e verranno sfruttati come schiavi e prostitute.
Possiamo fare questo, col sottofondo di ONG e sinistra ZTL che ci fracasseranno gli zebedei con le nostre colpe, oppure iniziare ad uscire dall’emergenza e pianificare questi 700mila arrivi. Arrivi in Europa e non in Italia (che non è una meta ideale neppure per questi…). Quindi, banalmente, come ce li dividiamo? siamo in 27 associati all’Unione, ma quelli dell’Est hanno da sciropparsi praticamente da soli tutti i profughi dell’Ucraina. Quindi, di 27 ne restiamo appena 16. Vuol dire 43.750 irregolari a testa. Per l’Italia, uno ogni per ogni mille371 abitanti attuali (compresi gli immigrati già accolti). Sono 5,5 immigrati in più per singolo Comune. Questo, ovviamente, se tutti i Paesi dell’Europa non-orientale accettano questo fardello.
Se così fosse, non sarebbe impossibile da gestire. Ma queste persone costano. Costa il loro recupero/salvataggio in mare (Guardia costiera, GDF e volontariato non lavorano gratis e navigare costa tonnellate di carburante al giorno per singola unità in mare). Costa accoglierli, dar loro cibo e vestiti, assistenza sanitaria, alloggio, scuole per i bambini e gli adolescenti; costa dar loro l’argent-de-poche per le loro piccole spese. Diciamo che gli diamo il reddito di cittadinanza moltiplicato per tre, cioè un euro dato singolarmente a loro a noi ne costa il doppio. Ci sta, no? sono 1,5-2 miliardi di uscite l’anno. Per i 16 Paesi che partecipano fanno 30-35 miliardi a carico dei contribuenti. Chi li caccia? l’Europa è la prima indiziata, ma già deve far fronte agli Ucraini, ai migranti che passano dalla rotta balcanica e dallo stretto di Gibilterra, a pagare il pizzo alla Turchia, alla Tunisia, alla Libia e agli stati sub-sahariani che foraggiamo (non si sa bene per cosa dato che da lì continuano a scappare tutti…).
Dove recupera questi soldi l’Europa? Dall’IVA sulle transazioni commerciali intraeuropee o dai bilanci dei singoli Stati nazionali. Vogliono i contribuenti italiani altri 1,5, forse 2, forse di più, miliardi di tasse? Vogliono i contribuenti austriaci, danesi, portoghesi ecc mettere mano al portafoglio?.
Se sì, li prendiamo volentieri. Se no, Bruxelles può attendersi una nuova maggioranza dalle elezioni del prossimo anno e una politica di porte chiuse modello Regno Unito. Col costo sociale e umano che possiamo attenderci. Questa domanda, ai cittadini europei, andrebbe posta dato che la sovranità appartiene a loro e non ai Governi nazionali o alle ONG.
Soprattutto, dovrebbe finire questo vergognoso sciacallaggio politico sulla pelle dei poveracci. L’Europa dica chiaramente se li vuole o no; se li può mantenere oppure no. E deve finire l’ammuina delle sinistre europee pronte a scaricare sugli altri il costi delle proprie ideologie. In alternativa, dovrebbero mettere mano al portafoglio e invece della nuova Tesla comprarsi una Fiat a benzina e donare quanto risparmiato al mantenimento degli immigrati.