Sabato 11 marzo alle 21, presso la Sala del Consiglio di Sona, la Compagnia Teatro Bresci ha messo in scena lo spettacolo teatrale “Malabrenta” con Giacomo Rossetto. Nella presentazione da parte della Compagnia Tatro Bresci si legge: “Malabrenta racconta la storia di una della più potenti organizzazioni criminali del Nord Italia dal dopoguerra, “la mala del Brenta”. A parte la mente, il carismatico Felice, i protagonisti sono giovani semplici, sfuggiti a un destino in fabbrica, abituati al “tasi sempre”. Semplice è anche il protagonista di “Malabrenta”, tanto da non avere neanche un nome, un gregario, uno di cui non si ricorderà nessuno. Il suo racconto ricostruisce l’intero percorso dell’organizzazione con gli occhi di chi ha segato sbarre, di chi ha sparato in testa, di chi ha maneggiato lingotti d’oro, di chi è finito in carcere e c’è tutt’ora.
Malabrenta, sia chiaro, è solo un’ipotesi, una storia inventata, ma inventata a metà: tutti i riferimenti a cose e persone potrebbero non essere casuali. Malabrenta è un tentativo di dare pensieri e corpo ad una vicenda ancora poco chiara che racconta la deriva morale di una regione distante dai riflettori.” Bravi quelli della compagnia di ‘teatro civile’ che sono impegnati a denunciare le mafie.
Bene rappresentare quello che è stato un fenomeno unico nel suo genere, almeno in Veneto, che i giovani non hanno conosciuto o hanno solo sentito nominare: quello di un’organizzazione malavitosa che è stata assimilata alla Mafia. Un fenomeno limitato agli anni ’70 e ’80 del secolo scorso. La mala del Brenta è poi stata sconfitta dallo Stato al punto che il suo leader e fondatore, Felice Maniero, s’era pentito e per una decina d’anni aveva potuto vivere sotto falsa identità fuori dal carcere, dove però è tornato nel 2019 per aver maltrattato la compagna. Andiamoci piano però. Affermare che “racconta la deriva morale di una regione distante dai riflettori” è fuorviante. Non c’è nessuna deriva morale nel Veneto. La mala del Brenta non sono i Veneti che “distante dai riflettori” lavorano onestamente e tirano l’economia italiana anche per altri e, quando si riposano, fanno anche più volontariato che in tutte le altre regioni. Quello è stato un fenomeno che riguarda un numero limitatissimo di persone. Qualcuno in passato, mettendolo assieme a fatti come quello di Pietro Maso, c’ha voluto costruire sopra la narrazione che a muovere tutto in Veneto sono i ‘schei’. Ma non è così. E chi nella nostra regione ci vive, lo sa bene.