(di Stefano Cucco) “La crisi idrica è una minaccia per la coesione nazionale. Si amplificano, infatti, i contrasti fra i portatori d’interesse: dalle Regioni agli utenti, dal mondo agricolo ai produttori di energia”. A a dirlo è Massimo Gargano, direttore generale dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela de Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI). “Guardiamo, perciò, con grande attenzione all’annunciato Decreto Acqua – prosegue Gargano – che dovrebbe definire una cabina di regia contro la siccità, nonché eventuali commissariamenti di opere incompiute, oltre a destinare risorse per avviare interventi di contrasto alle conseguenze dei cambiamenti climatici. In Italia, la legge 152 indica, dopo quello umano, la priorità dell’uso agricolo per le risorse idriche; è però ripetutamente disattesa sull’ara dei forti interessi concorrenti, cresciuti negli anni. Il futuro dell’Italia, aggiunge il DG di ANBI, “deve essere legato ad un modello identitario di valorizzazione del territorio, che non può essere caratterizzato dagli stati d’emergenza. Il paradosso è la legge contro l’indiscriminato consumo di suolo: tutti, a parole la vogliono. In realtà giace dispersa nei meandri parlamentari dall’epoca del Governo Monti nel 2013!”.
“Quella, che stiamo inevitabilmente per affrontare”, commenta il presidente di ANBI, Francesco Vincenzi, “sarà l’ottava annata siccitosa nei recenti vent’anni e la terza consecutiva, così da poterla difficilmente considerare un evento eccezionale, bensì un fatto ormai endemico almeno in alcune aree del Paese. Per questo, chiediamo l’operatività del Piano Idrico Nazionale, prologo all’auspicato Ministero dell’Acqua già presente in Spagna. Vanno superati rapidamente gli ostacoli finanziari, ma soprattutto burocratici, all’avvio del Piano Laghetti: destinare un miliardo all’anno sarebbe già un segnale importante; basti pensare che, solo nel 2022, la siccità è costata 13 miliardi al sistema Paese, di cui 6 di mancata produzione agricola, penalizzando non solo il settore primario, ma l’obbiettivo della sovranità alimentare”.