(Di Gianni Schicchi) Presentato questa mattina in Sala Fagiuoli della Fondazione Arena (qui il nostro video), il Wether, capolavoro di Jules Massenet, opera rarissimamente data al Teatro Filarmonico, di cui si ricorda solo un’edizione andata in scena oltre 30 anni fa. Il sovrintendente Cecilia Gasdia ha intessuto le lodi della partitura e l’allestimento proveniente dai Teatri di OperaLombardia (Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Pavia), ricordando che si tratta dell’ultimo appuntamento operistico prima di affrontare la stagione estiva in Arena. 

Si è affrettata quindi a presentare gli artefici principali, partendo dai due protagonisti ambedue russi, il tenore Dmitry Korchak nei panni di Werther (già protagonista a Verona di una La Sonnambula e di un Barbiere di Siviglia di qualche ano fa in Arena) e del mezzosoprano Vasilisa Berzhanskaya pure protagonista di una felicissima edizione di L’Italiana in Algeri. 

Korchak, fra l’altro in possesso di un fluidissimo italiano, non ha sottaciuto la particolarità del ruolo e il conseguente bisogno di una voce molto duttile e malleabile per delineare un personaggio così intriso di agghiacciante solitudine esistenziale. Ha ricordato nell’occasione anche due grandi voci del passato come Kraus e Gedda che hanno dato vita ad una grande impronta all’eroe romantico di Goethe. La Berzhanskaya si è invece congratulata per essere in un ambiente e con una compagnia che stanno collaborando alla felice messinscena “di un’opera straordinaria”.

Per il regista Stefano Vizioli, successivamente presentato dal sovrintendente assieme al direttore d’orchestra Francesco Pasqualetti, Werther è come un appuntamento che si rincorre nella sua vita. “Negli anni Ottanta l’ho affrontato da maestro sostituto, poi da        assistente in uno fascinoso spettacolo parigino diretto da Pretre ed ora torna con una produzione da regista, capitata nel bel mezzo e adesso fuori dal Covid. Essendo anche un appassionato di Goethe, vivo la classica contraddizione di chi affronta una musica francese spalmata su un teatro romantico tedesco: l’antieroe outsider, contradditorio. Il suo rapporto con la natura, la pittura, le donne, l’amicizia, la solitudine, la morte, come è stato poi tutto ciò tradotto in musica da Jules Massenet? Quanto i succhi rivoluzionari e filosofici del carattere tedesco sono stati ammorbiditi nella partitura e in sostanza come è stato trattato musicalmente questo paradigma dell’amore infelice romantico? Con lo scenografo Emanuele Sinisi abbiamo immaginato un grande foglio bianco accartocciato in alto da una mano nervosa, un foglio che talvolta accoglie parole che si compongono e scompongono, macchiate da un inchiostro che cola, diventa lagrima o sangue, un tentativo scenografico di rapportarsi allo stile epistolare della fonte originale tedesca. Il lavoro col gruppo Imaginarium completa con immagini evocative in movimento alcuni punti topici della partitura, lo stile asciutto e stilizzato caratterizza i costumi d’epoca evocato da Annamaria Heinrich, poca attrezzeria e la forza del gesto, sperabilmente coerente alle verità dei sentimenti dei personaggi, con soluzioni meno prevedibili, ma s1pero stimolanti e altrettanto poetiche”. 

Il direttore Francesco Pasqualetti, debuttante al Filarmonico, non ha avuto remore per giudicare l’opera come la migliore ideata da Massenet, sicuramente la partitura meno convenzionale (per la prima interviene anche il sassofono contralto, una novità assoluta) e meno costretta entro schemi rigidi e prefissati, a cercare un linguaggio sonoro estremamente “nuancé”, il più vicino possibile alle inflessioni e alle sfumature della lingua parlata. 

Werther andrà in scena, domenica 26 alle 15,30 con repliche mercoledì 29 (ore 19), venerdì 31 (ore 20), domenica 2 aprile (ore 15.30).