Sono episodi odiosi che vanno repressi con il massimo della severità, ma che vanno soprattutto prevenuti.
Il Veneto nello scorso gennaio ha approvato una legge regionale, presentata dal Alberto Semenzato, della Lega, per l’adozione della video-sorveglianza negli asili nido, nelle scuole d’infanzia e nelle strutture socio assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio. Analoga legge nazionale è in seconda lettura al Senato in attesa di essere approvata.
Le telecamere hanno la funzione di deterrente per quegli operatori cui passasse per la mente di avere dei comportamenti violenti e non rispettosi degli ospiti delle strutture dove lavorano. Oltre, naturalmente, di documentare oggettivamente quanto avviene all’interno delle Ipab o degli asili. Certi vergognosi episodi di sopraffazione nei confronti di vecchi e bambini si sarebbero potuti evitare se la video-sorveglianza fosse già obbligatoria. E sarebbe un grande passo avanti nella tutela dei più deboli.
Però c’è qualcuno che si oppone. Lo fa la sinistra, in nome della tutela della privacy di chi lavora. L’ultima in ordine di tempo a schierarsi contro la video-sorveglianza è la Cgil Fp del Veneto per bocca del suo segretario Ivan Bernini, che spiega quegli odiosi episodi tirando in ballo la “responsabilità collettiva”, la violenza che si manifesta nella società, il disagio sociale, la fatica di chi lavora affrontando quotidianamente il dolore e la morte e che per questo va aiutato. E a conforto della sua tesi parla del ‘burn out’ e della fuga del personale. Come soluzione propone un comitato di rappresentanza dei vari soggetti che operano nelle strutture in questione e il supporto psicologico dei lavoratori.
Siamo alle solite. Le parole al posto dei fatti. I comitati al posto delle telecamere. Il dibattito sulle ricerca delle motivazioni remote sui comportamenti violenti e sulla cattiveria invece della prevenzione con la tecnologia. La Cgil e la sinistra dovrebbero chiedere a chi ha la mamma in casa di riposo o il figlio all’asilo se le telecamere le vogliono o preferiscono un comitato di chiacchieroni.