(Di Gianni Schicchi) Grande exploit dell’Accademia Strumentale Italiana alla stagione concertistica de Lo Squero, il fantastico auditorium ricavato da un piccolo arsenale nell’isola di San Giorgio, sede della Fondazione Giorgio Cini a Venezia.

La rassegna di Asolo Musica-Veneto Musica che vi è ospitata da anni, ha visto la partecipazione dell’orchestra veronese guidata dal suo direttore Alberto Rasi (docente veronese al Conservatorio Dall’Abaco) misurarsi ne L’Arte della Fuga di Bach. Il celebre pezzo (più di 75 minuti, senza pause) è più di una semplice opera scolastica di erudizione come fu giudicata ancora nel Novecento. Le numerose esecuzioni dopo il 1925, hanno dimostrato che Bach sapeva unire la più alta abilità contrappuntistica alla più viva musicalità e pienezza di espressione. È una raccolta di composizioni senza indicazioni sulla strumentazione, formata da 19 fughe a tre e quattro voci, quatto canoni e un corale a quattro voci.

Bach deve averla iniziata a comporre prima dell’Offerta musicale, come dimostra l’esistenza di due versioni, quella dell’autografo berlinese e quella ampliata a stampa, per la cui esecuzione erano previsti probabilmente anche 1 o 2 clavicembali. L’ordine eseguito nell’autografo berlinese rappresenta una forma in sé conclusa, che ci consente di immaginare quale dovesse essere la disposizione dell’edizione ampliata. Ma siccome Bach morì prima che fosse terminata l’edizione a stampa e la composizione dell’ultima fuga, non sono stati risolti alcuni problemi di disposizione dei brani, nonostante numerose e attente proposte.

L’Accademia Strumentale Italiana ha voluto adattarla    in una versione per quattro viole da gamba, violino e organo, proponendone 14 sezioni delle 19 scritte da Bach (l’ultima postuma e incompleta è stata concessa come bis). L’orchestra veronese ne ha data un’esecuzione priva di ogni solennità, in un’interpretazione sorprendentemente agile nel fraseggio e luminosa nel timbro, in cui il bel suono, rotondo e morbido, la qualità del legato e la ricchezza dei piani ritmici (abile nel differenziare timbricamente le singole voci dell’intreccio contrappuntistico) si sposano ad una vivacità ritmica insolita per questo estremo capolavoro bachiano e nel segno di una continua ricerca dell’espressività.

L’impressione ricevuta è che l’intero gruppo abbia suonato quasi come un organo, evitando di usare i registri più pesanti. Tutto è sembrato come proiettato in avanti e spesso l’esecuzione ha accelerato in una sorta di gioiosa marcia del contrappunto in cui non sono mancati momenti di estrema brillantezza, come nel Canone alla Decima in contrappunto alla quarta e le Fughe a 3 e 4 soggetti. Più che contemplare l’Arte della Fuga in in religiosa compostezza come un oggetto misterioso, l’Accademia veronese è sembrata viverla al suo interno, cercando di coglierne la grande carica espressiva. Il risultato: un’interpretazione di grande fervore ritmico e insieme di intensità drammatica. Successo e numerose le chiamate in proscenio dal numeroso pubblico presente.