Finora sono stati guariti due pazienti che soffrivano di una fibrillazione atriale recidivante, un’aritmia cardiaca che crea problemi al battito e all’efficienza della pompa cardiaca. Ma Giulio Molon, direttore dell’Unità operativa complessa di Cardiologia dell’ospedale di Negar e Filippo Alongi, direttore del Dipartimento di Radioterapia oncologica avanzata e professore ordinario all’Università di Brescia, potrebbero aver aperto una nuova strada, come spesso accade nella ricerca in Medicina e nella Chirurgia.
La nuova cura viene dalla radioterapia oncologica. Nei due pazienti con recidiva di fibrillazione atriale, con una seduta di 10 minuti, indolore, è stato corretto il difetto elettrico cardiaco dall’esterno, con alte dosi di radiazioni, senza effetti collaterali né ricovero. Dopo due mesi non hanno più avuto episodi di fibrillazione. Si tratta di un trattamento innovativo che nel prossimo futuro potrebbe essere un’alternativa terapeutica all’intervento di ablazione della fibrillazione atriale.
“La fibrillazione atriale colpisce 10 milioni di persone in Europa e 800mila in Italia – spiega Molon, coordinatore dello studio dello studio Trast-Af – Si tratta dell’aritmia cardiaca più diffusa tra la popolazione generale, la cui incidenza è proporzionale all’aumentare dell’età, ed è una delle cause principali di ictus e di scompenso cardiaco: si porta via il 25% dell’efficacia di ‘pompa’ del cuore, provocando stanchezza, affanno e mancanza di forze”.
Attualmente i pazienti con fibrillazione atriale vengono sottoposti ad ‘ablazione’ che consiste nell’introdurre un catetere attraverso l’arteria femorale che con una radiofrequenza elimina le parti di tessuto responsabili delle aritmie. “Una procedura non chirurgica,- osserva Molon- ma comunque invasiva, lunga e fastidiosa per il paziente, che richiede ricovero e sedazione”.