Vincerà l’uomo o la zanzara? Questa scritta provocatoria, spennellata su un ponte della campagna laziale nei primi anni del dopoguerra, raccontava il dilemma dei contadini del posto quando per debellare la malaria endemica si irrorava a piene mani col DDT. Rimase lì per anni anche quando la battaglia con la malaria era stata vinta e quando si iniziava ad interrogarsi sui danni collaterali del DDT. Ma era il segno di una lotta epocale, fra un vecchio mondo e quello nuovo emergente, frutto della tecnologia.
Domanda analoga, ma risultato opposto, per la prima sfida fra un degustatore “umano” e l’intelligenza artificiale, la nuova frontiera della scienza e della comunicazione. Al Vinitaly la prima sfida del genere mai fatta al mondo, fra Andrea Gori – oste, wine critic, primo sommelier ad utilizzare le tecnologie digitali per raccontare il vino – e Chat GPT, la piattaforma che “spulcia” in una banca dati enorme, in pratica tutto quello che c’è sul web, e poi scrive. Ad ospitare la degustazione Vinophila – il primo metaverso dedicato al vino ed ai distillati – e la Regione Sicilia. Andrea Gori ha degustato alla cieca cinque vini (senza sapere cioè cosa stava bevendo in quel momento) mentre ChatGPT è partito da nome vino, nome azienda e denominazione per costruire la propria degustazione. Lo ha fatto prima di venir bannato dall’Italia a seguito della domanda di informazioni avanzata al suo proprietario dell’autorità garante della privacy.
A decidere chi ha vinto sono stati gli stessi produttori dei vini e i presidenti delle rispettive denominazioni, scelte fra le più piccole di quel compendio dell’universo che è la Sicilia. A guidare i lavori, Lorenzo Biscontin, CEO di Vinophila. Questi i vini in degustazione: Firriato, Etna DOC, metodo classico Gaudensius Bianc de noirs; Feudo Disisa, Monreale DOC, Lu Bancu; Terre di Giurfo, Vittoria DOC, Belsito Frappato; Vignaioli Gaglio, Mamertino DOC, Don Tindaro 2016 e infine Donnafugata, Passito di Pantelleria DOC, Ben Rye, l’etichetta più iconica e famosa nel mondo di questa “batteria”.
Il risultato? L’uomo batte ancora l’intelligenza artificiale che non riesce ad entrare – per ora – nei secreti più reconditi dei vini e dei territori, nelle sfumature culturali, mentre diventa più precisa quando si deve addentrare nei dettagli tecnici che recupera più facilmente sul web. Certo, gli errori non mancano: ChatGPT non riesce a distinguere fra un metodo classico e un metodo charmat, fra un affinamento in botte grande o barrique. Ma soltanto perché le indicazioni che aziende, winelover, sommelier e giornalisti hanno messo in rete non sono così affidabili e univoche.
Ma c’è un ambito dove ChatGPT ha mostrato una capacità insospettata: mettere in rima, creare una poesia, dal materiale raccolto per raccontare un vino. Qui la musicalità delle parole fa aggio sulle competenze e il prodotto risulta gradevole e, come sottolinea lo stesso Gori «questo dovrebbe far rifletterci riguardo, ad esempio, alla qualità ed alle fonti da cui deriva buona parte della musica contemporanea».
«La verità – sottolinea Lorenzo Biscontin – è che nell’era digitale tutti noi siamo diventati editori: siamo tutti produttori di contenuti, siamo costretti anzi a produrre contenuti. E questo apre un mondo nuovo per le cantine italiane e avanza la necessità di nuove competenze per controllare quanto circola nel web e quanto viene prodotto come comunicazione aziendale».