La spesa sanitaria prevista per il 2023 è di 136 miliardi (+ 3,8%) pari al 6,7% del Pil. Aumenta di 4,3 miliardi rispetto alla nota d’aggiornamento del Def del 2022. Questa la decisone del governo, che però per il 2024 prevede che la spesa cali a 132 miliardi e al 6,3% del Pil. Per il 2025 si tornerebbe a 135 miliardi, pari al 6,2% del Pil e su questo rapporto rimarrà anche nel 2026. Non ci siamo.
Anche con il Def approvato ieri dal Consiglio dei Ministri si conferma la linea dei governi precedenti riguardo alla spesa per la salute degli italiani. C’è un minimo spostamento verso l’alto, che dal 6,1% del Pil ci porta in due anni al 6,3. Ma si tratta di ben poca cosa rispetto alle reali esigenze della sanità italiana.
Ripetere ancora una volta che siamo grossomodo a metà della media della spesa degli altri partner europei può essere noioso, ma è l’unico modo per evidenziare con un dato oggettivo la sostanziale sottovalutazione della crisi del sistema sanitario anche da parte di questo governo. Nulla è cambiato rispetto ai governi precedenti.
Che cosa vuol fare il governo Meloni? Intende difendere il sistema universalista oppure è rassegnato ad arrivare ad un sistema misto?
Nel primo caso, se pensa di poter avere una sanità degna di un paese europeo spendendo la metà degli altri ci deve spiegare come pensa di fare. Se invece l’idea è quella di lasciar scivolare scientemente le cose verso una situazione di insostenibilità per poi arrivare a un punto in cui gli italiani saranno costretti a ricorrere alle assicurazioni private, sarebbe meglio dichiaralo per tempo, così da dare modo agli utenti del Ssn di organizzarsi. Già questo succede per alcune fasce di reddito che se lo possono permettere. Già i cittadini sono costretti a pagarsi di tasca propria diagnosi e cure per 36 miliardi a causa della lunghezza inaccettabile delle liste d’attesa. Potrebbe essere anche una soluzione. Ma se è questa che si vuole nel Documento di programmazione Economico Finanziaria bisognerebbe dichiararlo.