(di Paolo Danieli) Cinquant’anni fa l’assassinio dei fratelli Mattei, bruciati vivi nel loro appartamento nel quartiere di Primavalle, a Roma, dopo che tre attivisti di Potere Operaio avevano fatto scivolare della benzina sotto la porta d’ingresso della loro casa. Virgilio aveva 22 anni, Stefano solo 8. La loro colpa, essere figli del segretario della locale sezione del Msi.
La foto dei due corpi carbonizzati alla finestra nel tentativo di sfuggire alle fiamme impressionò l’opinione pubblica, ma i colpevoli, Marino Clavo e Manlio Grillo, fuggiti all’estero, non scontarono un solo giorno di galera e Achille Lollo, condannato a 18 anni, finché era in attesa della sentenza definitiva fuggì in Brasile e in carcere non tornò mai più. Tutta l’intellighenzia di sinistra si mobilitò in difesa degli assassini. Era l’epoca che “ammazzare un fascista non è reato’”.
Ma il rogo di Primavalle è occasione per una riflessione più ampia sugli anni di piombo. Per chi li ha vissuti, affinché, a distanza di mezzo secolo o giù di lì, ne possa dare una lettura il più possibile aderente alla realtà. E per chi non li ha vissuti affinché possa conoscere meglio la storia del nostro paese, troppe volte falsata da interessi di parte e da segreti di stato.
Noi che c’eravamo, allora ne avevamo dato la lettura che ne poteva dare chi era immerso in un contesto storico caratterizzato dalla guerra fredda fra il blocco occidentale, capitalista, e quello orientale, comunista. Ovvero fra Usa e Urss. Che in Italia si traduceva nello scontro fra il Partito Comunista più grande del mondo libero e coloro che comunisti non erano. In prima fila la destra neo-fascista. Quegli anni furono segnati da stragi, assassinii, violenze e attentati che si attribuivano alla lotta fra le opposte fazioni. Indagini e processi però non arrivarono mai a individuare i veri mandanti. Furono pescati i pesci piccoli. E il dato che è emerso pressoché regolarmente, è la presenza di uomini dei servizi segreti in ogni strage: da quella di piazza Fontana, che è stata la prima nel 1969, al golpe Borghese, all’assassinio di Moro.
La prima lettura che venne data alla presenza degli 007 fu che i servizi tramavano con la destra per fare un colpo di stato in chiave anti-comunista.. Infiltrati nelle varie organizzazione della destra estrema avrebbero poi irretito persone più o meno sprovvedute o esaltate per compiere attentati e assassinii. E ogni volta, gratta gratta, era saltato fuori qualche legame con la Cia.
Adesso, a distanza di decenni, questa lettura viene estesa anche a sinistra. Addirittura per le Brigate Rosse che al loro interno avrebbero avuto sia degli autentici rivoluzionari, sia delle pedine dei servizi. Basti pensare che la palazzina dove c’era il covo di via Gradoli, dove le BR tennero prigioniero Moro, era di proprietà dei servizi segreti italiani. E’ solo lontanamente immaginabile che questi non sapessero a chi avevano affittato un appartamento? Ma questo si viene a sapere solo dopo decenni. Ed è notorio che i servizi italiani sono legati a doppio filo a quelli americani.
Questo per dire che dietro la strategia della tensione, quantomeno nel ruolo di registi, ci sono stati gli 007, che eseguivano un disegno politico che allora sfuggiva ai più, ma che oggi comincia a delinearsi.
S’aggiungano poi altre vicende oscure che vanno dall’omicidio Pecorelli a quello di Sindona, di Calvi, di Ambrosoli, via via, fino al tentato assassinio di Papa Woityla e al rapimento di Emanuela Orlandi tornato alle cronache in questi giorni. E si potrebbero aggiungere Tangentopoli, quale strumento per distruggere il sistema dei partiti e punire Craxi per Sigonella e lo scandalo sessuale che è servito per far fuori Berlusconi, troppo indipendente dall’Ue e reo di aver organizzato l’incontro strategico di Pratica di Mare.
Si sono scritti milioni di pagine su questo argomento. E se ne scriveranno altrettanti.
Sappiamo tutti che acqua passata non macina più. Ma sappiamo anche che la storia è maestra di vita. E allora da questa riflessione possiamo trovare anche una spiegazione agli accadimenti del presente.
Foto Adnkronos