(di Paolo Danieli) «Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica: gli italiani fanno meno figli, quindi li sostituiamo con qualcun altro. Non è quella la strada». Queste parole, dette dal ministro Francesco Lollobrigida di Fratelli d’Italia, hanno scatenato la reazione della sinistra. Fra tutte, la più emblematica è quella della neo-segretaria del Pd Elly Schlein che è arrivata a dire che Lollobrigida ha usato “parole da suprematismo bianco”, alludendo ai movimenti razzisti americani, lei che se ne intende visto che è cittadina statunitense, oltre che svizzera e italiana.
Secondo i seguaci del politicamente corretto affermare che gli italiani vogliono rimanere italiani sarebbe una manifestazione di razzismo. Se poi questa affermazione la si applica all’immigrazione, la cui pressione sul nostro Paese è triplicata a partire dal gennaio scorso, gli attivisti del melting-pot mondialista si mettono a starnazzare come le oche del Campidoglio, quando a Roma arrivarono i Galli di Brenno. Con una differenza. Che quelle oche erano più intelligenti, perché almeno avvisavano di un pericolo. Mentre per la sinistra il pericolo è rappresentato da coloro che non accettano che la trasformazione della società italiana avvenga attraverso l’entrata indiscriminata di chiunque all’interno dei nostri confini.
Lollobrigida ha perfettamente ragione. Dice una cosa di buonsenso quando aggiunge che è giusto organizzare l’immigrazione in base alle possibilità di lavoro che ci sono. Far arrivare masse di disperati senz’arte né parte, senza conoscenza della lingua e dell’abc della nostra cultura e senza la prospettiva di trovare un lavoro, se non come nuovi schiavi, è criminale. A prescindere dai termini usati per descrivere la situazione.
E che a difendere l’immigrazione incontrollata, che danneggia prima di tutti gli stranieri regolari che si sono inseriti e lavorano secondo le regole, siano gli eredi di quel Partito Comunista che s’è battuto per decenni per i diritti dei lavoratori, è davvero scandaloso. I Togliatti, i Berlinguer, i Pajetta, gli Ingrao, i Gramsci si rivoltano nella tomba, perché alla sinistra di oggi dei lavoratori non interessa più niente. Consapevole o inconsapevole, nascondendosi dietro il dito dell’umanitarismo, è incapace di difendere il loro stipendio, dimezzato rispetto a cinquant’anni fa. Preferisce dedicarsi a far arrivare in Italia quanti più stranieri possibile. Con la conseguenza da un lato di danneggiare i lavoratori con un flusso incontrollato di manodopera a basso costo, che taglia le gambe a ogni rivendicazione salariale, e dall’altro con un aggravio della spesa pubblica per mantenere le decine di migliaia di persone che sbarcano.
E siccome alla sinistra non possono sfuggire queste evidenze, come non può sfuggire lo stato – indegno di un paese civile – in cui versano gli immigrati nei centri di cosiddetta “accoglienza” e il business che fanno sulla loro pelle gli scafisti, come non pensare allora che neanche tanto dietro ci sia un disegno politico per recuperare un potere che oggi gli esponenti di sinistra hanno perso? Perché se si tornasse alla situazione degli ultimi anni loro sarebbero di certo contenti, ma gli italiani no.