(b.g.) Il lato brutto di questo mestiere è che il tritacarne quotidiano ti allontana troppo spesso dalle persone con cui hai lavorato e che hanno dato un senso alla tua professione, che hanno sprecato del tempo per concederti un po’ del loro sapere e che ti sono state amiche. Renzo Giacchieri è stato tutto questo per me: mi ha accolto all’Ente Lirico (presidenza Michela Sironi) ed ha accettato le mie lacune, cercando però di sfruttare la mia “visione laterale” e la conoscenza del mondo economico. Con lui abbiamo seguito la fase iniziale di trasformazione da ente a Fondazione; abbiamo lanciato un giovanissimo Andrea Bocelli nella Vedova Allegra; abbiamo impostato la collaborazione con Bruno Vespa per riportare in Rai l’Arena di Verona; abbiamo portato la prima direttrice d’orchestra, Kari-Lynn Wilson a dirigere a Verona. Le sue “lezioni” andavano dai grandi del melodramma ai single malt delle isole scozzesi. Le ore correvano veloci con lui. Sono stati otto mesi intensi di collaborazione professionale e di amicizia sincera. Poi le nostre strade si sono separate e ci siamo rivisti quando guidava il Conservatorio ed aveva un bellissimo appartamento, pieno di libri e ricordi di teatro, che dominava Piazza delle Erbe. Come sempre accade, avremmo dovuto rivederci “a breve”. Ti sia lieve la terra, maestro.
Nato a Roma nel 1939 e formatosi culturalmente e professionalmente nella capitale, Renzo Giacchieri ha dedicato tutta la sua vita al teatro e alla musica, arti culminanti nell’Opera, sua vocazione. Impiegato presso la Rai dal 1960 per trent’anni, dal 1979 ne ha diretto la programmazione di musica e teatro di Rai 3. Nello stesso periodo è stato per alcuni anni docente presso il Conservatorio di Santa Cecilia a Roma e, dagli anni ’80, ha intensificato l’attività come regista d’opera, alternandola a diversi incarichi dirigenziali cui è chiamato presso le più importanti istituzioni italiane: Direttore del Festival Puccini di Torre del Lago, Sovrintendente al Teatro di San Carlo di Napoli, Presidente dell’Ente Teatrale Italiano, Commissario Straordinario al Carlo Felice di Genova, Presidente del Conservatorio Dall’Abaco di Verona.
Proprio Verona è stata città adottiva e seconda patria per Renzo Giacchieri, come regista e come dirigente: nel 1981 esordisce in Arena curando la messa in scena di Nabucco (protagonisti Bruson, Dimitrova, Petkov) e tornando nel 1982 per Macbeth; con i complessi areniani realizza la storica produzione en plen air di Aida a Luxor per poi tornare in anfiteatro per l’inaugurazione del Festival 1992 con Don Carlo (seconda e ultima volta del titolo in Arena) con scene di Dante Ferretti e costumi di Gabriella Pescucci. Dal 1982 al 1986 è stato Sovrintendente dell’Ente Lirico Arena di Verona succedendo a Carlo Alberto Cappelli; viene nuovamente nominato nello stesso ruolo dal 1998 al 2002 nell’Ente appena diventato l’attuale Fondazione Arena di Verona.
Verdi e Puccini sono stati gli autori della vita di Renzo Giacchieri, che però vantava una conoscenza enciclopedica e un repertorio sterminato, guide fondamentali delle sue proposte artistiche come Sovrintendente. Diversi i riconoscimenti ottenuti per la sua attività, tra cui i premi Illica, Truffaut, Una vita per la musica. Solo negli ultimi anni ha firmato regie a Caracalla, Trieste, Genova, Salerno, Catania, Torre del Lago, Salisburgo, Siviglia, Tel Aviv, Avenches, Tokyo, San Pietroburgo; ha infine inaugurato la Stagione Lirica 2020 al Teatro Filarmonico con Lucia di Lammermoor di Donizetti, a quarant’anni esatti dal suo esordio sul palcoscenico veronese con la regia della rara Turandot di Busoni.
«A nome di tutti i lavoratori della Fondazione Arena e degli artisti ad essa legati, desidero esprimere il più profondo cordoglio per l’inaspettata scomparsa di Renzo Giacchieri – dichiara il Sovrintendente Cecilia Gasdia. – Al dolore della notizia si aggiunge il mio sgomento personale: solo pochi giorni fa nulla la lasciava presagire. Come molti altri professionisti oggi in carriera, devo moltissimo all’incontro fortunato con la sua persona, estremamente discreta e riservata, eppure attentissima, esigente e arguta. Lui c’è sempre stato, da quel Concorso Callas che fortissimamente volle nel 1980 e che fu per me l’inizio: la sua vicinanza e i suoi consigli vigili sono sempre stati fondamentali, fino alle nostre più recenti collaborazioni in Fondazione. Se ne è andato un uomo di teatro d’altri tempi, un regista di scuola tradizionale ma mai ignaro dei progressi nel mondo dello spettacolo, un uomo di cultura a tutto tondo, di competenza, misura e polso eccezionali. Alle sue nipoti e alle loro famiglie vanno le nostre più sentite condoglianze».