(di Stefano Cucco) L’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche rifà i conti sull’andamento pluviometrico nazionale ad oltre 50 anni dall’ultima Conferenza Nazionale sulle Acque, risalente al 1970 e dove si indicò in 300 miliardi di metri cubi, la pioggia, che annualmente bagnava l’Italia: la fotografia, che oggi ne emerge, non solo conferma una contrazione degli eventi meteorici, ma certifica l’immagine di un’Italia idricamente rovesciata, disegnata dalla crisi climatica.
Nel periodo 1991-2020, la media della pioggia annualmente caduta sull’Italia sfiora i 255 miliardi di metri cubi, cioè circa il 18% in meno della soglia indicata nel 1970. Non solo: fino a 3 anni fa la classifica delle regioni più piovose vedeva in testa il Friuli Venezia Giulia (il “catino d’Italia” con 1238,7 millimetri), seguito da Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Veneto, Piemonte, Lombardia, Liguria (tutte aree oggi colpite dalla siccità); a seguire venivano Umbria, Abruzzo, Marche, Emilia Romagna e poi via via le altre con la Sardegna (mm. 516,2) ,quale fanalino di coda.
“E’ incredibile come siano bastati solo 1000 giorni a cambiare radicalmente la condizione idrica dell’Italia, dove oggi sono proprio i territori del Nord a soffrire maggiormente”, commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI). “Illuminante è l’esempio della Sardegna che, da regione più assetata del Paese, ha saputo adattarsi, dotandosi di importanti invasi e di schemi idrici per spostare l’acqua fra territori. In assenza di dati ufficiali di sintesi, mettiamo la nostra analisi al servizio della politica, perchè indicativa del trend, da cui partire per riempire di contenuti la cornice del Decreto Acqua”.
“I dati confermano la necessità di infrastrutturare il territorio con piccoli e medi invasi capaci di trattenere una maggiore quantità di acque meteoriche da utilizzare nei momenti di bisogno”, aggiunge il Direttore Generale di ANBI, Massimo Gargano. “L’importante è che i soggetti decisori, come accaduto anche nel recente passato, non si facciano distrarre da qualche evento meteorico, non risolutivo di una situazione ormai endemica come dimostrato anche dalla nostra analisi”. “I prossimi mesi”, conclude Vincenzi, non potranno che vedere uno sforzo collettivo per gestire una situazione di conclamata siccità in territori di fondamentale importanza per il made in Italy agroalimentare; al contempo, però, bisogna avviare da subito provvedimenti per aumentare la resilienza delle comunità e della loro economia alla nuova situazione climatica: dall’efficientamento dell’esistente alla realizzazione di nuove, indispensabili opere. L’Italia deve diventare un cantiere dell’acqua per gli anni a venire”.