(di Paolo Danieli) Decantate le polemiche sulla ‘sostituzione etnica’, è utile fare il punto sull’immigrazione. Un problema epocale che ci tocca tutti e che, se affrontato in maniera disordinata come avviene, in base a reazioni emotive e luoghi comuni, si aggrava sempre di più.
Una prima constatazione, per quel che ci riguarda, è che i confini dell’Italia non esistono più. Chiunque li può violare senza conseguenze. Masse sempre più numerose sbarcano sulle nostre coste. Cosa che non avviene negli Stati Uniti, in Russia, in Cina, nel Regno Unito, in Israele e perfino per in Vaticano. E già qui si vede che ci sono due pesi e due misure. Un motivo ci sarà.
Abbiamo già accennato da queste pagine alle cause profonde del grande esodo dall’Africa, riassumibili nella pessima gestione della decolonizzazione, orientata al business delle multinazionali più che agli interessi delle popolazioni indigene che, lasciate a sé stesse, non sono state in grado di provvedere ai loro bisogni. Di qui l’impoverimento di un continente in realtà ricchissimo di risorse naturali.
Ma se l’Italia è sottoposta a una pressione immigratoria senza precedenti, il fenomeno non è nuovo per l’Europa occidentale. Prima di noi ha interessato Francia, Belgio, Olanda e Regno Unito, conseguenza del dissolvimento degli imperi coloniali.
Nel 2020 in Francia un terzo dei nati aveva almeno un genitore extra-europeo. La sostituzione di popolazione quindi, non è un’opinione, ma un dato di fatto. Quanto meno da un punto di vista antropologico. Sempre oltralpe, dove il problema s’è presentato prima che da noi, un numero sempre maggiore di francesi comincia a sentirsi estraneo al proprio paese perché vede scomparire le proprie modalità sociali e non si riconosce più nella maggior parte delle persone che gli stanno attorno. Risultato: il 60/75% dei francesi è contro l’immigrazione.
Ed è normale che l’arrivo in Europa di milioni di stranieri qualche reazione la provochi. E’ dimostrato dalla socio-biologia che in qualsiasi specie animale che viva in collettività l’arrivo di elementi estranei che superino una certa percentuale, definita come soglia di tolleranza, provoca una reazione. Questo per gli animali. Ma in qualche modo vale anche per l’uomo. Quello che erroneamente viene chiamato ‘razzismo’ è in realtà una reazione alle patologie sociali legate all’immigrazione, di cui la delinquenza è la più eclatante. E’ un dato di fatto che se la grande maggioranza degli immigrati non è formata da delinquenti, è altrettanto vero che i delinquenti sono in grande maggioranza stranieri. Basta guardare la popolazione carceraria. Fatto che contribuisce a generare quell’avversione agli ‘ospiti non voluti’ che impropriamente viene chiamata ‘razzismo’. Tant’è che in Italia il razzismo non era mai stato un problema.
Anche se per conformismo o per paura non viene dichiarato pubblicamente, anche la maggior parte degli Italiani sono contro l’immigrazione. Non contro gli immigrati. Per antica tradizione di civiltà. Ma ormai appare chiaro a tutti che è impensabile, come vagheggiano alcuni, riversare un miliardo di africani in Europa.
Chi è allora che vuole l’immigrazione?
I liberali. La loro concezione politica basata sulla libera circolazione delle persone e dei beni, derivante dal concepire la società come somma degli individui e non un tutto organico, legge l’immigrazione come un semplice spostamento di individui da un posto all’altro. Per loro tutte le immigrazioni si equivalgono. Anzi, gli immigrati sono utili al capitale perché da un lato aumenta il numero dei consumatori e dall’altro costituiscono una massa di manodopera a basso costo che ha l’effetto di abbassare il salari.
Gli umanitari. Quelli che ‘siamo tutti fratelli’, ‘dobbiamo accogliere tutti’ come fosse un dovere sacro a prescindere.
I sostenitori del melting-pot. Quelli che attribuiscono all’immigrazione la funzione di apportare ‘sangue nuovo’ e che perseguono la mescolanza di tutti, uomini e culture, nella prospettiva di un tipo umano unico, eliminando tutte le differenze.
Tutte e tre queste posizioni puntano a una società inclusiva. Non per niente questo vocabolo, fino a poco tempo fa ad uso più che altro della geometria (ad esempio un cerchio incluso in un quadrato), oggi è una delle parole più usate, anche a sproposito, frutto della propaganda del mainstream mediatico.
Invece l’immigrazione è un fenomeno che va gestito, regolato e limitato al numero delle persone che si possono accogliere. Non una di più. Esattamente il contrario di quello che sta avvenendo in Italia.