(di Stefano Cucco) «Ciò che sta meteorologicamente accadendo sul Paese è l’evidente dimostrazione di quanto ripetutamente previsto e cioè di come, su ampie zone del Nord, ad un lungo periodo di siccità stiano seguendo abbondanti piogge, il cui apporto non però è tesaurizzabile per la mancanza di adeguate infrastrutture di stoccaggio. E’ una potenziale ricchezza d’acqua, che rischiamo di rimpiangere da qui a qualche settimana con l’arrivo del grande caldo. Per questo è necessario programmare un futuro idrico che, avviando concretamente un piano di invasi medio-piccoli, multifunzionali ed ecocompatibili, eviti il ripetersi delle litanie degli stati d’emergenza; i progetti ci sono» a dirlo è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).
In generale, l’apporto pluviale di queste settimane e le temperature di un Aprile mediamente più fresco della norma hanno contribuito sia a ritardare lo scioglimento del manto nevoso che a rivitalizzare i corpi idrici che, come i Grandi Laghi, hanno sofferto durante un’annata 2022 ed un inverno 2023 estremamente secchi. «Quanto queste piogge contribuiscano a risolvere l’insufficienza idrica, lo si potrà vedere solo nelle prossime settimane – precisa Massimo Gargano, DG di ANBI – . Si sta infatti riproponendo la situazione del 2022, allorché uno sprazzo di primavera piovosa fece sperare in un’inversione di tendenza dopo l’inverno più arido da 70 anni; quando le piogge esaurirono i benefici sul clima, le anomalie di temperatura si acuirono con le conseguenze, che ancora si riverberano sulla scarsità di risorsa idrica».
Dal settimanale report dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche risalta l’importante dato di accrescimento nei bacini lacustri: il Maggiore sale di quasi 49 centimetri, superando il dato medio storico (95,1% di riempimento) così come i laghi di Como, che cresce di 36 centimetri (riempimento: 72,9%) e d’Iseo (+ cm.33,8 e 90,0% di riempimento). Tardano invece le buone notizie per il più grande bacino italiano: il lago di Garda raggiunge il 51,4% di riempimento, ma resta abbondantemente sotto media (cm. 67 invece di cm. 108,2). Cresce anche il fiume Po, che però, pur nel miglioramento, evidenzia tutta la sua fase di crisi: dopo la piena “morbida” dei giorni scorsi non riesce a mantenere un livello di portata in linea con le medie e addirittura al rilevamento di Cremona ridiscende sotto il minimo storico.
A Pontelagoscuro, la piena del 3 Maggio ha toccato il picco di 1055 metri cubi al secondo per poi ridiscendere agli attuali mc/s 675,88, ma è sconcertante pensare che la portata media mensile, in quella stazione, è pari a mc/s 1999.
Anche sul Nordest, un freddo mese d’aprile non è stato generoso di piogge: in Veneto gli apporti meteorici sono stati inferiori del 24% alla norma (bacino della Livenza: -48%); la risorsa nivale è simile all’inverno scorso mentre, per quanto riguarda le acque sotterranee, permane la condizione di scarsità idrica con livelli di falda, in alta pianura, prossimi od inferiori ai minimi assoluti, registrati in questo periodo nei recenti 20 anni, con punte fino ad oltre -120%. In Lombardia migliora sensibilmente la situazione del fiume Adda, la cui portata sale in una settimana da mc/s 68 a mc/s 117; un tale incremento non riguarda, però, Serio e Mincio, mentre il livello dell’Oglio cresce di circa mezzo metro. Le riserve idriche nella regione sono superiori di quasi il 30% al 2022, ma praticamente dimezzate rispetto alla norma (-50,5%). Infine, in Emilia Romagna, dopo l’emergenza alluvionale, le portate di molti fiumi appenninici sono ridiscese al di sotto dei valori medi mensili a dimostrazione dell’accentuazione del carattere torrentizio assunto. Interessante è notare come la parte occidentale della regione sia stata quasi completamente esclusa dalle piogge primaverili, confinando fiumi come il Taro ad un soffio dal livello minimo storico.