(di Bulldog) L’alluvione della Romagna ha reso evidente quanto la furia iconoclasta di magistrati e stampa “democratica” con l’acqua sporca della Prima Repubblica abbia gettato via anche il bambino. La politica, per paura (di rimettersi a rubare e/o di venir inquisita per una firma anche la più banale), ha deciso di “chiamarsi fuori” delegando il potere sostanziale nelle mani della macchina burocratica; la burocrazia, davanti all’aumento delle responsabilità e dei rischi connessi, ha usato la tattica del rinvio perenne sperando che i problemi si risolvessero da soli oppure venissero smazzati da qualchedun altro. Il risultato? le responsabilità vengono frazionate, diluite, si creano organismi che sono sovrastrutture amministrative che allungano i tempi, non affrontano i problemi concreti, si occupano più di diarie e di prebende che di fossi da pulire, strade da manutenere e rifiuti da riutilizzare.
La Romagna con l’acqua a girovita ci dice che nemmeno là dove l’amministrazione è più efficiente questi problemi si risolvono. Figurarsi dove la macchina dello Stato è più debole o fragile. E non soltanto per la criminalità organizzata, ma anche banalmente per le dimensioni che molti Comuni hanno: troppo piccoli per pianificare qualcosa, senza personale, senza risorse…che prevenzione possono mai fare?
Ecco che una istituzione bistrattata come la Provincia – svuotata del suo personale, allontanata dai contribuenti-elettori – potrebbe specializzarsi vieppiù su alcuni temi strategici: come la Regione segue la sanità pubblica e privata, le Province dovrebbero concentrarsi ancora di più sulla manutenzione del suolo e della rete stradale, sulla sicurezza idraulica, mettendo a terra investimenti necessari, avendo la struttura tecnica per andare a intercettare i bandi europei, i fondi del governo che non tutti i Comuni sono in grado di ottenere. Potrebbe organizzare direttamente raccolta, trattamento e sfruttamento dei rifiuti avendo il potere di trovare siti, offrire compensazioni, imporre tasse di scopo e così via. Temi che sono già nelle loro competenze, ma che dovrebbero diventare la loro stessa ragion d’essere. Una Provincia ultra-specializzata con un mandato molto chiaro.
Per fare questo non soltanto non vanno abolite le Province, ma vanno riportate immediatamente al controllo dei cittadini che attraverso il voto debbono poter scegliere il proprio presidente (oggi viene eletto dai sindaci del territorio) e debbono poter avere quindi il potere di controllo sul suo operato, valutandolo ogni cinque anni, premiandolo con la riconferma oppure bocciandolo. Perchè, banalmente, ne va della loro sicurezza.
Su questo, l’elezione popolare, va anche la legge di riforma degli enti locali. Ma i partiti cosa si stanno inventando? il listino bloccato, senza possibilità di preferenza degli elettori.
Ovvero, una nuova ondata di fortunelli andrà ai Palazzi Scaligeri nel 2024 – quando dovrebbero tenersi le prossime elezioni provinciali – ma questi risponderanno non al popolo, ma ai loro capi-bastone. Nessun controllo, nessun sindacato ispettivo: soltanto la fedeltà al capo.
Non è quello che serve a questo Paese: ci vogliono politici che si prendano responsabilità, propongano e realizzino un programma che, per le Province, dev’essere specificamente rivolto alla messa in sicurezza del territorio. La politica ha l’occasione di un doppio obiettivo: ricostruire il Paese e ricostruire la fiducia dei cittadini nella politica stessa e nei partiti. Fa pensare che scelga una via diversa, che non otterrà nessuno dei due risultati: Presidente non sarà il migliore, ma il più paraculato. C’è una bella differenza.