La tecnologia radiologica più avanzata è oggi in grado di curare anche patologie che una volta sarebbero state trattate chirurgicamente. Malattie oncologiche, come il tumore del fegato o del rene, o il piede diabetico si risolvono invece con i moderni angiografi e la mano del radiologo interventista. Questo significa degenze di un giorno o due, niente bisturi ma un trattamento locale mirato attraverso la puntura di una cannula. E questo il messaggio lanciato ieri consuma conferenza stampa da Stefania Montemezzi, direttore del Dipartimento di Patologia e Diagnostica e direttore Radiologia di Borgo Trento, Giovanni Puppini responsabile servizio Angiografia interventistica, Enzo Bonora direttore Endocrinologia, Diabetologia e Malattie del Metabolismo, Alessandro Antonelli direttore Urologia, Amedeo Carraro direttore Centro Trapianti di fegato, Gino Puntel e Nicoletta Lando radiologi interventisti, Fabio Torrisi Coordinatore infermieristico Radiologia, Patrizia Venditti Coordinatrice infermieristica Angiografia.
“La nostra figura è molto cambiata, oramai il radiologo è un radiologo clinico e interventista. Non siamo più,- ha detto Stefania Montemezzi- come si diceva una volta, dei ‘fotografi’ dietro alla consolle. Oggi in collaborazione con i colleghi diamo spiegazioni a quello che vediamo. La tecnologia ha consentito nuove tecniche e metodiche che forniscono informazioni sempre più precise nei vari distretti del corpo, utilizzate per interventi mini invasivi. L’approccio è multidisciplinare, parliamo di radiologia vascolare come nel piede diabetico, ma anche di ambito oncologico per tumori renali e lesioni epatiche con chemioembilizzazione e radio frequenza. Il nostro settore ad alto tasso tecnologico e di investimenti è molto cambiato. Il radiologo si trova a valutare un numero maggiore di immagini che contengono sempre più informazioni e deve sfruttarle per una una diagnosi sempre più accurata. Accanto a questo però,- ha concluso Montemezzi- non dobbiamo dimenticare il nostro ruolo clinico perché conosciamo perfettamente la storia del paziente, solo così si valorizzano al meglio le informazioni che vengono da TAC, radiologia convenzionale, risonanza magnetica, mammografia ed ecografia. Insomma, radiologi preparati al lavoro clinico e a quello interventistico”.
A trarre vantaggio dalle nuove tecniche di radiologia interevntristica è la terapia del ‘piede diabetico’. Le ulcere e le infezioni che si sviluppano nei malati di diabete vengono curate con angioplastica. Microcateteri, palloncino o stent permettono di liberare le arterie e favorire la vascolarizzazione, con la ripresa del flusso sanguigno. Il diabetologo Enzo
Bonora spiega: “Il piede diabetico è una patologia terribile per le infezioni che si sviluppano. L’angioplastica agli arti inferiori permette oggi di evitare l’amputazione. Con l’invecchiamento della popolazione queste casistiche sono in aumento e spesso si sviluppano lesioni importanti al piede, che guariscono solo quando ricomincia la corretta circolazione”.
Giovanni Puppini: “Ne facciamo un centinaio l’anno e il nostro bacino di utenza è piuttosto ampio perché non sono molte le strutture sanitarie pubbliche che fanno questo tipo di trattamento. Con l’utilizzo della tecnologia, apriamo i vasi sanguigni per favorire la rivascolarizzazione”.
Per quel che riguarda i tumori epatici, essi vengono trattati entrando con un ago per via arteriosa. Si iniettano localmente sostanze chemioterapiche unite allo choc termico del caldo. La combinazione dei due fattori uccide o riduce il nodulo.
“L’epatocarcinoma -osserva Amedeo Carraro- rappresenta quasi il 50% dei pazienti in lista di attesa per trapianto. La collaborazione con gli angiografisti è fondamentale per due tipi di pazienti: per il down staging che riduce le dimensioni del nodulo e fa rientrare il paziente nei criteri trapiantologici, oppure per trattare tutti quei pazienti che sono troppo fragili per essere sottoposti ad intervento chirurgico resettivo”.
“Entrando per via arteriosa con piccoli cateteri,- illustra Giovanni Puppini- somministriamo direttamente nel tumore un farmaco chemioterapico che evita tutti gli effetti collaterali della chemioterapia. Contemporaneamente, con microparticelle chiudiamo il rifornimento arterioso di sangue al tumore e creiamo un calore talmente elevato da provocare direttamente la morte della lesione tumorale”.
Tumori renali. Si trattano con la crioablazione nel caso di lesioni di piccole dimensioni. Con un ago si raggiunge il nodulo e si iniettano microsfere di ghiaccio a bassissime temperature in grado di uccidere in breve tempo la formazione tumorale. Non serve anestesia.
Alessandro Antonelli: “E’ una opzione terapeutica consolidata che non tanti ospedali offrono e che per Aoui Verona è il completamento indispensabile dell’offerta di cura del rene. Viene utilizzata in casi selezionati e risolve in maniera rapida, efficace e mini invasiva un problema tumorale”.
Puppini: “Nei tumori renali, il freddo dà risultati migliori ed è anche meno doloroso per il paziente. E’ significativo come le immagini mostrino la scomparsa del nodulo lasciando solo il ghiaccio che poi viene riassorbito”.