C’è un vero e proprio boom dei trattamenti di medicina e chirurgia estetica.
Sono aumentati almeno del 20% nell’ultimo anno. Le richieste sono cresciute del 67% rispetto al 2019 e addirittura del 130% rispetto al 2020. Alla base dell’aumentata richiesta c’è una nuova consapevolezza del benessere, inteso anche come percezione di sé e come cura del proprio corpo e del proprio aspetto fisico, anche se in alcun in casi questo bisogno va preso con le pinze. Soprattutto quando a richiedere gli interventi sono soggetti giovani, maschi o femmine, condizionati pesantemente dai modelli estetici imposti dal mainstream mediatico. Si consideri che il 73% delle adolescenti ha fatto ricorso a qualche forma di trattamento estetico per eliminare le cicatrici da acne, per rimuovere peli superflui, smagliature, cellulite, o per gonfiare le labbra. Quest’ultimo intervento in particolare condizionato da modelli estetici proposti dai social e dai media in genere.
Se in passato a ricorrere alla dermatologia estetica erano persone adulte o che comunque assentivano l’esigenza di correggere dei difetti o degli inestetismi, oggi l’età s’è decisamente abbassata. E ciò impone ai medici un’attenta valutazione delle richieste di coloro che si presentano nei loro studi, sia da punto di vista sanitario sia da quello deontologico. Tutti i trattamenti che non hanno una giustificazione plausibile e alterano l’identità personale o etnica della persona non dovrebbero essere incoraggiati.
I trattamenti più richiesti ed eseguiti sono le iniezioni di filler di acido jaluronico o di tossina botulinica per la riduzione delle rughe, i peeling chimici, l’escoriazione profonda della cute e l’autotrapianto dei bulbi piliferi.
Ad eseguire queste prestazioni devono essere esclusivamente dei medici. Invece, complice la gran de richiesta del mercato, anche in questo settore c’è un diffuso fenomeno dell’abusivismo. Con tutti i rischi per la salute che ciò comporta.