(Paolo Danieli) Berlusconi non c’è più. Ma il centrodestra, la sua creatura, sì. Per ora non cambia niente. Anche perché il suo posto alla guida della coalizione l’aveva già preso la Meloni. Ma elaborato il lutto, il vuoto lasciato dal Cavaliere si manifesterà.
Il problema adesso è che manca un federatore, anche simbolico. Una figura che faccia, di volta in volta, da cemento fra FdI, Lega e Forza Italia. Escluso che emerga nel breve periodo, il centrodestra deve trovare un altro modo per consolidarsi e garantirsi un futuro. E questo può essere solo il radicamento territoriale, che oggi ha solo parzialmente.
Dei tre soggetti dell’alleanza, quella che dagli anni ’90 che ha una struttura è la Lega. Limitata alle regioni del Nord, ma ce l’ha. Perciò nel corso degli anni ha tenuto. Anche quando ha subito delle batoste, elettorali o giudiziarie.
Ciò non vale per Forza Italia, che è partito, ma un’immagine, un contenitore di voti, un comitato elettorale con un’organizzazione quasi inesistente.
Nemmeno Fratelli d’Italia può dirsi radicato più di tanto sul territorio. La vecchia struttura di Alleanza Nazionale, ereditata dal Msi, s’è dissolta dopo lo scioglimento del 2009. E quando nel 2013 la Meloni ha fondato il partito ha dovuto partire da zero. Il che dà ancora più valore al miracolo che ha compiuto, portandolo nel giro di nove anni dallo zero al 26%, ma che non le ha consentito di radicarlo sul territorio. Troppe elezioni, troppe urgenze tutte accentrate su di lei.
Perché, inutile girarci attorno, FdI è lei. Finora tutto è andato per il verso giusto, ma bisogna pensare e prepararsi a quando il vento girerà.
Il Pd, forte della struttura dell’ex Pci e della Cgil, è riuscito a superare cataclismi come il crollo del comunismo, lo svuotamento ideologico della sinistra e varie sconfitte elettorali. Però ha tenuto. Solo grazie alla struttura. Al contrario il M5S, che è un movimento liquido, non ha tenuto. C.v.d.
E’ sul radicamento territoriale che il centrodestra deve puntare. Costa un po’ di fatica: bisogna mettere in piedi un’organizzazione, riempirla di persone, dare loro la possibilità di interagire, di esprimersi, di confrontarsi e magari anche di partecipare alle scelte del partito. Molto più facile concentrare tutto sul leader. Ma molto più rischioso.
(Foto Agi)