(di Stefano Tenedini) Nel “campionato” dell’attrattività per i giovani talenti non c’è alcuna regione italiana in cima alla classifica. Si salvano (ma distanti dalle teste di serie) solo la Lombardia, al 38° posto, il Veneto con il 58° e il Lazio poco sotto, al 62°. Lo sottolinea una nota di sintesi del capitolo che descrive cosa allontana il Nord Est e il resto d’Italia dal vertice dell’Europa che conta per le nuove generazioni, scritto da Shira Fano e Gianluca Toschi e tratto dal Rapporto Nord Est 2023: La mappa delle possibilità infinite, realizzato dalla Fondazione Nord Est.
Un nutrito drappello con nove regioni italiane si colloca in terza fascia, ben otto in quarta e quattro nell’ultima fascia, una sorta di girone dantesco. E’ il verdetto del RAI (Regional Attractivness Index) elaborato sulla base di 26 parametri in cinque aree. L’indicatore permette di individuare i fattori di maggior ritardo, cioè quelli nei quali il punteggio è più lontano da quello delle regioni migliori. Serve a disegnare le politiche necessarie a riconquistare rapidamente posizioni e quindi il consenso dei giovani. La classifica europea è guidata dall’area di Stoccolma, seguita dall’Ile de France a Parigi e dall’Alta Baviera con Monaco. Il divario tra Stoccolma e Lombardia è di 15 punti: molti, considerata una scala di poco più di 60. Tra le prime venti regioni ce ne sono otto tedesche e tre olandesi. Regno Unito e Svizzera, mete gettonate da molti italiani, non sono incluse perché i dati non sono omogenei.
Cosa rende meno attrattive le regioni italiane? Negli undici anni 2011-2021 l’Italia ha perso oltre 111 mila giovani laureati under 40 a favore degli altri Paesi, come è stato detto due settimane fa a Verona nella presentazione del Rapporto. Il confronto parte dall’idea che le regioni debbano giocare una sorta di Champions League, e non accontentarsi di vincere il campionato italiano. Solo in Europa, infatti, si colgono bene divari strutturali e carenze competitive territoriali che frenano lo sviluppo.
La ricerca ha selezionato 26 variabili che spiegano le differenze di attrattività per i giovani, definite in base a cinque ambiti. La prima raccoglie la ricchezza (il PIL pro-capite e la sua distribuzione) e la facilità o meno di trovare lavoro (tassi di disoccupazione). La seconda valuta la presenza di persone di altra nazionalità e la capacità di innovare attraendo talenti. La terza considera il potenziale innovativo degli occupati in attività “di frontiera”. La quarta misura la capacità di trattenere le persone riconoscendo il loro merito attraverso la trasparenza e l’assenza di corruzione. La quinta riguarda la presenza di persone con elevate competenze ma anche la facilità di muoversi, che permette a chi ha talento di ridurre i tempi di viaggio per raggiungere le regioni e spostarsi più agevolmente, e inoltre la presenza di una cultura imprenditoriale evoluta che brevetta le innovazioni e crea marchi attrattivi in quanto riconoscibili.
Ma quali sono i Paesi più attrattivi? Nell’ordine Lussemburgo (caso speciale e poco significativo), Paesi Bassi e Svezia,; seguiti da Irlanda, Germania, Danimarca, Austria, Slovenia e Belgio. L’Italia è su un gradino più basso ed è caratterizzata da una forte dispersione di risultati regionali, che rispecchia il grande divario nella capacità di richiamare talenti tra Nord e Sud, in cui gioca un ruolo rilevante la differenza di reddito, dato che il basso reddito spinge a cercare più opportunità altrove. C’è poi l’effetto capitale: molte delle regioni migliori ospitano la città chiave del Paese, di solito con un’alta concentrazione di attività economiche e di occasioni. Oltre che Stoccolma e Parigi, è il caso anche di Lisbona e della sua area metropolitana, di Madrid, di Helsinki, Bratislava e Varsavia.
Nessuna italiana in fascia alta. A seconda del punteggio le regioni europee sono state divise in cinque gruppi: le tre migliori, con oltre 60 punti, sono Stoccolma, Parigi-Ile de France e la Baviera con Monaco. A seguire, in seconda fascia, 23 regioni tra 50 e 60 punti: anche qui nessuna italiana ma undici tedesche, tre olandesi e due belghe, il nocciolo dell’Europa da cui il Regno Unito si è autoescluso. In terza fascia tra 40 e 50 punti ci sono 79 regioni europee tra cui undici tedesche, finalmente nove italiane (Lombardia, Veneto, Lazio, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Provincia di Trento, Piemonte, Liguria e Umbria) e sette olandesi. Giù nella quarta fascia con 30-40 punti molte regioni in Francia, Spagna, Polonia e otto italiane quasi tutte del Centro Sud (Toscana, Marche, Abruzzo, Molise, Sardegna, Basilicata e Puglia) più la Provincia di Bolzano. In ultima fascia le rimanenti quattro italiane: Valle d’Aosta, Campania, Sicilia e Calabria.
Si tratta quindi di una distanza significativa tra le migliori regioni europee e quelle del Nord Est italiano. Non tanto per livello e distribuzione del reddito, che anzi sono non lontani da quelli delle aree di testa, e nemmeno per la qualità delle istituzioni, quanto per il basso numero di laureati rispetto alla media europea, per la ridotta quota di lavoratori impiegata in settori creativi e di lavoratori della conoscenza e per la minor produzione di marchi e brevetti, quest’ultima effetto più dell’arretratezza della cultura imprenditoriale che della dimensione delle imprese.
Anche per quanto riguarda infrastrutture e connettività per via aerea e di terra il Triveneto con l’Emilia-Romagna perdono posizioni rispetto alle migliori regioni europee. Quindi istruzione più elevata, migliori infrastrutture per la mobilità e maggiore ricerca e brevettazione e brandizzazione sono gli ambiti in cui è più urgente intervenire per evitare di aumentare ulteriormente il divario con le più performanti regioni europee e riguadagnare competitività. Di conseguenza passa di qui la capacità di formare e trattenere talenti e impiegarli in settori a più elevato valore aggiunto. Ricerca, brevetti e marchi aziendali sono appunto gli ambiti che secondo gli analisti di Fondazione Nord Est chiamano in causa direttamente le imprese e le loro politiche di sviluppo.