Primo caso in Veneto di suicidio assistito. Una signora trevigiana di 78 anni, malata terminale di cancro, è morta ieri domenica 23 luglio nella sua abitazione dopo essersi iniettata, assistita da un medico, il farmaco letale fornitole con la relativa strumentazione dall’Azienda Sanitaria Regionale. 

E’ la seconda persona in Italia che ha potuto accedere al suicidio medicalmente assistito che è stato legalizzato, previo l’accertamento di determinate condizioni, dalla sentenza  242/19  della Corte Costituzionale, recepita correttamente e con grande spirito umanitario dalla Regione Veneto, ed è la prima in assoluto nel nostro paese ad aver ottenuto la consegna del farmaco e di quanto necessario da parte dell’azienda sanitaria locale.

Il suicidio medicalmente assistito è avvenuto sotto il controllo medico di Mario Riccio, dell’associazione ‘Coscioni’, che fa capo a Marco Cappato, che si batte per la libertà di scelta del fine vita.

La signora, che sopportava dolori insopportabili, aveva in animo di recarsi in Svizzera, dove ci sono delle strutture specializzate per l’eutanasia. Ma quando ha saputo che la legge ora lo permette anche in Italia ha, ovviamente, preferito poter lasciare questo mondo a casa sua, vicino ai propri cari.

L‘Azienda sanitaria regionale e il Comitato Etico, dopo aver verificato le condizioni per poter accedere al suicidio medicalmente assistito, aveva dato il consenso il 30 marzo. Le condizioni erano che la paziente avesse autonomamente e consapevolmente deciso di accedere al suicidio assistito, che fosse affetto da patologia irreversibile che causa sofferenze intollerabili. 

Tale procedura ha richiesto sei mesi. E su questa tempistica bisognerà lavorare, perchè prima si pone fine alle sofferenze meglio è. Una volta che l’Azienda sanitaria ha comunicato la tipologia del farmaco necessario è stata fornita la strumentazione per l’autosomministrazione del farmaco letale.