Dopo un 2022 di forte crescita per le piccole e medie imprese, nel primo semestre di quest’anno si sono già avvertiti i primi segnali di incertezza. E oggi si avverte il rischio di una frenata degli investimenti, un indicatore economico da non sottovalutare per valutare il futuro. Per questo, sottolinea l’indagine congiunturale di Confimi Apindustria Verona, il mese di settembre che inizia oggi sarà un mese cruciale per capire come evolveranno i mercati.
Nonostante le criticità causate dall’aumento di materie prime ed energia, lo scorso anno per le PMI veronesi ha rappresentato un periodo di considerevole sviluppo. Uno sviluppo che si è però appannato a partire dal primo semestre 2023: la conseguenza, emersa dalla congiunturale di Apindustria su un campione rappresentativo di imprese associate dei principali settori produttivi, è la sensazione di una curva di crescita ribassata se non addirittura di un appiattimento dello sviluppo, il cui primo indice è appunto la contrazione degli investimenti. Uno scenario già ipotizzato da Apindustria a fine 2022 nell’analisi sull’anno appena concluso: a questo link la cronaca de L’Adige di Verona.
Meno investimenti in Italia ma rallentano anche Germania e Cina
“Flessibilità e resilienza sono da sempre tra i punti di forza delle piccole imprese scaligere”, evidenzia Claudio Cioetto, presidente di Confimi Apindustria Verona. “Se però nel primo semestre del 2023 molte aziende hanno lavorato sugli ordini acquisiti nell’anno precedente, negli ultimi mesi è emerso un calo delle commesse, che crea già maggiore incertezza per il secondo semestre. Almeno in parte questa lieve flessione è motivata dalla necessità di riportare il livello dei magazzini a indici più consoni, dopo la corsa all’accaparramento. In questa prospettiva il mese di settembre servirà a capire la futura evoluzione dei mercati”.
E il problema non è solo italiano, anzi: allargando lo sguardo alla UE la stessa Germania, tra i Paesi trainanti dell’economia europea, sta affrontando un periodo di recessione con un calo del PIL stimato per il 2023 nello 0,4%. E a livello globale la Cina è colpita da diverse tensioni congiunturali, su cui si è innestata anche la recentissima crisi del settore immobiliare che con l’esplosione della bolla minaccia la crescita economica globale del Dragone con potenziali riflessi planetari.
Dal campione analizzato nella ricerca di Apindustria Verona, riferito in prevalenza al settore metalmeccanico, emerge che nel primo semestre 2023 il 34,2% ha registrato un incremento del fatturato, anche superiore al 10%, rispetto ai sei mesi precedenti. Il 40% degli imprenditori dichiara però una flessione, anche in questo caso a volte oltre il 10%. Per quanto riguarda l’andamento della produzione si registra un calo per il 28,5% del campione e un incremento per il rimanente 31,5%.
Più delicata è l’analisi degli scenari futuri, nei quali prevale la prudenza: il 20% delle PMI prevede un calo degli ordini, che sono visti in aumento solo per il 31,4%. Percentuali che si riflettono sulla tendenza agli investimenti: il 25,7% ha aumentato la quota nel primo semestre dell’anno, mentre un 14,2% li ha già ridotti e la maggior parte rimane per il momento stabile. Consenso quasi unanime degli imprenditori per la convinzione che l’aumento dei tassi non sia la giusta contromisura per contrastare l’inflazione, e questo genera diffusi timori di un forte rallentamento dell’economia.
Occupazione in crescita, ma manca manodopera più qualificata
Un fattore cronico di incertezza è la mancanza di manodopera qualificata. Un’altra indagine di Apindustria ha preso infatti in esame 134 imprese associate, appartenenti per il 45% al settore metalmeccanico. Nel biennio 2023-2024 il 74,3% delle realtà aziendali intervistate prevede un incremento occupazionale. La richiesta di manodopera riguarda in particolare gli operai (73,5%) ma le esigenze sono trasversali e interessano pure tecnici specializzati (54,9%) e impiegati (32,4%).
Tra le specializzazioni le richieste spaziano tra addetti alla fresatura, operatori per macchinari cnc, tornitori e autisti. In questo scenario emerge anche la disponibilità da parte degli imprenditori di formare il personale direttamente in azienda. Le assunzioni sono finalizzate nell’83,5% dei casi a un incremento delle attività produttive, ma un peso significativo (pari al 45%) è dato dal ricambio generazionale e dalla necessità di sostituire il personale prossimo alla pensione.