Le violenze sessuali che la cronaca di ogni girono è costretta a registrare ripropongono  all’attenzione del legislatore la castrazione chimica come pena accessoria per stupratori e pedofili, in sostituzione di quella chirurgica, che consiste nell’asportazione dei testicoli. 

Lo scopo di una e dell’altra è di ridurre gli stimoli sessuali e generare impotenza in coloro che hanno dimostrato di avere comportamenti pericolosi per la società. 

castrazione

I “contro” della castrazione chimica

La castrazione chimica però, al di là dei problemi di carattere giuridico, ne presenta anche dal punto di vista medico-farmacologico

Per eseguirla -alcuni stati americani l’hanno adottata- si usano dei farmaci normalmente in commercio per la cura dei tumori della prostata e della mammella (medrossiprogesterone e leuprolide acetato).  

Essi agiscono bloccando la produzione degli androgeni e del testosterone in particolare, l’ormone prodotto dai testicoli che determina, assieme al cervello, gli stimoli sessuali. Questi farmaci sono usati anche in quei malati di Alzheimer che manifestano forme psicotiche a carattere sessuale poiché provocano una diminuzione delle libido.

La castrazione chimica è la conseguenza dell’atrofia dei testicoli conseguente al blocco della produzione ormonale. Rispetto a quella chirurgica ha il vantaggio di essere reversibile in quanto, una volta sospesa la somministrazione dei farmaci, i testicoli possono riprendere la loro funzione.

Se questo è un vantaggio per coloro che li assumono come terapia oncologica, al contrario diventa un problema nel caso della castrazione che pensa accessoria: chi controlla che lo stupratore condannato assuma sistematicamente i farmaci? Finché è in carcere è possibile una somministrazione forzata, ma una volta libero?

L’altro problema è che i comportamenti sessuali non sono determinati solo dagli ormoni, ma dipendono anche dal cervello e finora non è accertato che tutti i comportamenti sessuali devianti e pericolosi recedano sotto l’azione dei farmaci.