(di Stefano Tenedini) Negli anni Settanta, quando i rapporti tra aziende e sindacati erano più un braccio di ferro che una partita a scacchi, la richiesta dei lavoratori di poter contare di più in fabbrica faceva drizzare i capelli agli industriali, anche perché veniva definita senza mezze misure “cogestione”. Oggi le imprese sono cambiate così come i dipendenti: nonostante gli scontri ci siano ancora – e ci mancherebbe – c’è un crescente ricorso al dialogo e alla mediazione: insomma, almeno una tendenza. Così l’iniziativa della Cisl di proporre una legge sulla “partecipazione” non fa affatto gridare allo scandalo, ma anzi raccoglie consensi e favorisce approfondimenti.

Bene, anche perché l’Italia ha bisogno di sedersi a pensare (e poi però di mettersi a correre, ma questa è la solita storia) invece di prendersi a martellate su temi di rilevanza generale come economia, sviluppo, occupazione e diritti: equilibri cui va riservata una costante manutenzione. L’occasione di parlarne è arrivata ieri al convegno “La partecipazione: generiamo valore facendola diventare legge”, organizzato a Verona da First Cisl e quindi con un preciso perimetro di riferimento: il comparto credito e assicurazioni che proprio nel Veneto – e nel Veronese in particolare – qualcosa da dire nel recente passato ce l’ha.

Partecipazione: dalla Costituzione uno stimolo a nuove relazioni

La proposta di legge promossa dalla Cisl punta a normare la partecipazione attiva dei lavoratori alla vita delle imprese, ispirandosi alla Costituzione che all’articolo 46 lo definisce un mezzo di sviluppo economico ma anche di realizzazione del progresso sociale. Come dicevamo è ora di innovare le relazioni sindacali e la contrattazione, producendo effetti positivi per tutti: migliori salari, lavoro stabile e di qualità, più produttività, investimenti, competitività e sostenibilità sociale, più imprese in Italia e meno delocalizzazioni, salute e sicurezza sul lavoro.

Cisl 1 scaled
I relatori al convegno sulla proposta di legge della Cisl per la “partecipazione attiva”

Partecipazione che secondo la Cisl si potrebbe declinare in quattro filoni. Da quello gestionale, con una presenza di dipendenti nei CdA e nei consigli di sorveglianza e anche nelle società a partecipazione pubblica. A quello finanziario: parlando di distribuzione degli utili ai lavoratori e di accesso all’azionariato dei dipendenti che potrebbero affidare i diritti di voto a trust per la cura dei diritti derivanti. E dalla partecipazione organizzativa, con benefici per le imprese che coinvolgano i lavoratori in progetti innovativi e per i lavoratori che contribuiscano a progetti di innovazione ed efficientamento dei processi. Fino a quella consultiva, per consentire ai sindacati di essere ascoltati su tutte le questioni rilevanti per i dipendenti. A questo link i dettagli della proposta di legge avanzata dalla Cisl, che dovrà raccogliere le firme per essere presa in esame.

Primo a intervenire è stato il segretario generale di First Cisl, Riccardo Colombani. “Partecipare agli utili può rappresentare un nuovo paradigma salariale, come alle Generali nei primi del Novecento. Nata come spontanea liberalità nel 1909 fu ampliata grazie ad accordi sindacali fino al 9% del monte dividendi, fino alla trasformazione da istituto retributivo collettivo in retribuzione individuale. Un percorso che dovrà essere ripreso”, ha sottolineato con un esplicito omaggio tutto veronese al gruppo triestino che con l’Opa di due anni fa ha acquisito Cattolica salvandola dal declino.

Cisl 2 1
Riccardo Colombani (First Cisl) e Flavio Piva (BCC)
Cisl 3
Davide Pelucchi e Piero Fusco (Generali-Cattolica)

“Introdurre la partecipazione agli utili significa creare un diverso rapporto tra i lavoratori e le aziende, con salari più alti anche come effetto di un maggior peso di componenti della retribuzione legate alla redditività e alla produttività. Abbiamo bisogno di un positivo shock salariale, ma anche del coinvolgimento che facilita un’organizzazione del lavoro più flessibile. D’altra parte”, ha precisato sul piano tecnico, “l’incremento dei dividendi e dei buyback delle banche premia gli azionisti mentre il costo del lavoro non aumenta per la riduzione delle persone occupate. Con l’aumento dei ricavi c’è stato l’abbassamento del cost income, che ha alimentato lo shareholder value e le retribuzioni dei manager. Quindi è ora di voltare pagina: fu Henry Ford a rivoluzionare la società americana raddoppiando gli stipendi e aprendo una lunga stagione di crescita delle opportunità”.

Del settore del credito e del suo valore per il territorio ha parlato Flavio Piva, presidente della BCC Verona e Vicenza (a questo link i dettagli su uno degli istituti di credito più vivaci del Nord Est). “Le forme di partecipazione sono più diffuse nel settore delle banche e assicurazioni. E dove c’è più vicinanza tra i dipendenti e il management questi sviluppi hanno inciso sull’organizzazione e sulle scelte comuni. E i risultati sono stati indubbiamente migliori. Inoltre“, ha aggiunto”, proprio quando nel territorio la presenza delle banche si sta riducendo sempre più, la risposta può trovarsi nella partecipazione, una somma di ecosistemi funzionali. In questo contesto a tutelare il territorio sono rimaste proprio le BCC, che si riconoscono nella proposta della Cisl. Infatti nel Veneto oggi in una novantina di comuni le BCC sono rimaste l’unica presenza bancaria, con una dimensione significativa e una presenza cui non rinunceremo”.

Il contributo di Davide Pelucchi, responsabile delle relazioni industriali del Gruppo Generali, si è inserito con naturalezza nel dibattito, forte proprio dell’esperienza che il Leone sta maturando a Verona con Cattolica. “Vedremo la legge nei dettagli, ma nell’ottica di Generali è certamente il credito – assicurazione il comparto che fa da stimolo al cambiamento”, ha spiegato, “soprattutto per lo sviluppo del digitale e una contrattazione innovativa. Naturalmente ci sono differenze tra le piccole imprese e la grande industria, nella quale sono dimensioni, storia e preparazione ad agevolare la trasformazione. C’è un grande potenziale, nonostante il contesto si sia modificato con la concentrazione nel settore assicurativo”.

“Una volta c’erano moltissime compagnie, ora restano tre o quattro grandi player. Tra cui Generali, che anche grazie al dialogo con il sindacato ha integrato storie, persone e modelli e salvaguardato le sedi, come Cattolica a Verona. Altri forse non sarebbero stati interessati a trovare soluzioni, ma per noi agli accordi si arriva“, ha precisato, “con percorsi di condivisione anche senza un quadro legislativo. Abbiamo fatto aumenti di capitale riservati ai dipendenti di tutto il gruppo. I punti da cui partire quindi ci sono: seguiremo il dibattito sulla legge, ma esperienza e volontà da parte nostra ci sono”.

Per Piero Fusco, responsabile Business unit Enti religiosi e Terzo settore di Cattolica, “dal primo luglio Cattolica è pienamente parte del gruppo ed è una divisione di Generali, ma ha salvaguardato il marchio, la rete delle agenzie e le specificità dei propri settori chiave, grazie alle competenze che erano presenti e che oggi vengono valorizzate per tutto il gruppo. C’è sempre un forte senso di appartenenza e di partecipazione: a Cattolica guardano molte attività di volontariato che hanno una enorme valenza per la comunità. Organizzazioni del territorio che lavorano spesso in silenzio e purtroppo rimangono nell’ombra, anche se il Terzo settore vanta un rilevante valore economico, oltre che sociale”.

A Fusco ha fatto eco ancora Flavio Piva, sottolineando che la comunità veronese è una delle più solidali d’Europa. “C’è sintonia diffusa su temi come la partecipazione: il nostro modello di capitalismo democratico forse non si è mai sviluppato del tutto, ma sotto traccia è vivo e molto presente. Si dice che il Veneto sia diviso e diffidente, ma queste trasformazioni si possono fare e vanno rese esplicite. Non è più il tempo di dire le cose a mezza voce: è il momento di farle, oppure non si faranno più”, ha concluso cedendo poi la parola per i saluti finali a Giampaolo Veghini, segretario generale della Cisl di Verona.