(di Gianni Schicchi) Terzo concerto del Settembre dell’Accademia che ha tenuto col fiato sospeso fino all’ultimo gli organizzatori veronesi. Causa? Il malore che la sera precedente aveva colpito il direttore Vasilij Petrenko durante l’appuntamento per Mito Settembre Musica al Conservatorio di Milano.
Un malore che per fortuna si è risolto velocemente consentendo al quarantasettenne direttore russo (ora naturalizzato inglese) di presentarsi saldamente alla guida della Royal Philharmonic Orchestra, sabato sera sul palcoscenico del Filarmonico, per svolgere il previsto programma interamente improntato su musiche di Ljadov, Cajkowskij e Rachmaninov.
Della partita c’era anche la celebre violinista tedesca Julia Fischer, misuratasi nel Concerto in re maggiore per lo strumento di Cajkowskij, brano dove il virtuosismo è posto in primo piano, specialmente nei due movimenti veloci, tale da renderlo tecnicamente uno dei più impegnativi di tutta la letteratura ottocentesca, con un Allegro vivacissimo finale dai tratti addirittura straripanti e di un incalzante dinamismo ritmico.
Julia Fischer lo ha affrontato con suono caldo e ricco di armonici, fraseggiando con piacevole libertà e grande attenzione alle indicazioni in partitura, anche se la sua ricreazione è stata abbastanza contenuta nel rifiutare ogni ostentazione virtuosistica, subordinando il pur notevolissimo spolvero tecnico alla sostanza espressiva, in una dimensione di ammirevole naturalezza.
La Fischer ci è parsa più concentrata sulla ricerca di una pura bellezza formale, individuata nell’equilibrio e nella moderazione, quasi cogliendovi un archetipo di neoclassicismo. Un’esecuzione comunque elegante, concentratissima, determinata, che accanto alle sue smaglianti doti tecniche ha puntato a creare piuttosto un dialogo paritetico con i vari membri della Royal. L’interprete, acclamatissima dal folto pubblico presente, ha poi concesso come bis una Sarabanda di Bach.
A Petrenko invece il compito di affrontare la parte iniziale con la breve Baba Yaga di Lyadov e concludere la serata con la difficilissima Seconda Sinfonia in mi minore di Rachmaninov. Baba Yaga è un breve poema sinfonico ispirato ad una delle tante antiche leggende russe, ricco di estro, fantasia e colori strumentali, servito come ouverture ai due gradi impegni successivi.
Petrenko, da buon russo, mostra poi di amare particolarmente Rachmaninov e la Seconda Sinfonia viene così restituita con assoluta fedeltà e precisione, senza caricarne i tratti distintivi attraverso una forzata, sistematica ricerca di effetti. La costante varietà e bellezza dei timbri della Royal – ritornava al Filarmonico dopo nove anni – l’intensità del canto e l’impeto espressivo del fraseggio (straordinario per compattezza il comparto dei 60 archi), si combinano in una esecuzione calorosa e ricca di immediata comunicativa, ma sempre suffragata da un indiscutibile buon gusto.
Ể certo un Rachmaninov alla maniera occidentale, senza i densi spessori e l’enfasi retorica o l’idiomaticità di accenti delle interpretazioni russe. In certi casi il rifiuto di abbandonarsi totalmente alle effusioni e ai tetri ripiegamenti di questo prezioso frutto del decadentismo, poteva anche sembrare limitativo, precludendo il raggiungimento di vertici assoluti, raggiunti magari da direttori più disposti ad abbandonarsi totalmente a sollecitazioni più scopertamente viscerali.
Tuttavia la Seconda Sinfonia condotta da Petrenko conserva una capacità ammirevole di illustrare con cura estrema e raffinatezza gli straordinari pregi di una partitura ricca di melodie seducenti, combinata ed elaborata in una solidissima struttura formale e strumentale.
Il rifiuto degli eccessi porta poi Petrenko a renderla con una leggiadra e snella eleganza che non rischia mai di appesantirsi e involgarirsi anche nei momenti di maggior parossismo espressivo. Insomma una Seconda Sinfonia di lussureggiante sforzo “straussiano”, restituita nella sua integralità senza poi quei tagli che di regola spesso la affliggono, anche se nei primi movimenti sono omessi i prescritti ritornelli delle esposizioni.
Grande successo della serata e ovazioni ripetute a direttore ed orchestra, che al termine hanno concesso due piacevoli bis.