(di Paolo Danieli) Tutti buoni dopo morti. Ma la pietas non deve sconfinare nell’ipocrisia. E nel massimo rispetto per la carica che ha ricoperto per quattrordici anni c’è da dire che Napolitano non è stato certo uno dei migliori presidenti della Repubblica.

tutti buoni dopo morti. Anche Napolitano. Ma
foto Ansa

Cosa fece Napolitano nel 2011

Quando qualche settimana fa Sarkozy ha ammesso che nel 2011 era stato lui,  assieme alla Merkel, ad organizzare la destituzione di Berlusconi, si è dimenticato di dire che l’operazione non sarebbe riuscita senza la complicità di Giorgio Napolitano, allora presidente della Repubblica. Fu una manovra gravissima, con cui venne costretto alle dimissioni un presidente del consiglio espresso da una maggioranza elettorale. Per molti anni in Italia la democrazia fu sospesa e Napolitano nominò per anni capi del governo non eletti. A cominciare da quel Mario Monti che prese il posto di Berlusconi e che per questo fu pagato anticipatamente con la nomina a senatore a vita decisa appunto da Napolitano. A dimostrazione che tutto era stato preparato mesi prima. Un vulnus per la democrazia che in questi giorni viene omesso nelle commemorazioni che vengono fatte in occasione della sua morte. 

Quando muoiono sono tutti buoni. Specialmente se si stratta di un ex capo dello Stato. Ma si tratta di una forma di ipocrisia cui la stampa libera non deve soggiacere.

Napolitano, primo presidente rieletto

E se le massime autorità dello Stato, come Mattarella, La Russa, Fontana e la Meloni, manifestano cordoglio per la sua scomparsa, i liberi cittadini devono ricordare che Napolitano, diventato comunista dopo essere stato fascista, giustificò l’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956, e fu il primo presidente della Repubblica ad essere rieletto e a restare al Quirinale per 9 anni. Anche se nella Costituzione non è esplicitato il divieto alla rielezione, il fatto che i Costituenti abbiamo stabilito in 7 anni la durata del mandato presidenziale, due anni in più di quello parlamentare, sta a significare che volevano evitare che venisse eletto dallo stesso Parlamento e quindi la stessa maggioranza, con rischio di rielezione. Cosa che all’indomani del ventennio fascista costituiva una preoccupazione reale dell’Assemblea Costituente.