(di Stefano Tenedini) “Le imprese sono un luogo di dialogo tra saperi, culture ed esperienze, in cui la creatività e l’innovazione si combinano e si materializzano, diventano prodotti che arrivano a tutti, rendendo popolari le intuizioni e le tecnologie. Qualunque sia l’attualità che gli imprenditori si trovano ad affrontare, continuano con determinazione a lavorare facendo dialogare mondi diversi per dare un contributo allo sviluppo”. Così Raffaele Boscaini, presidente di Confindustria Verona, aveva anticipato i temi dell’assemblea 2023 che si è svolta ieri pomeriggio alla Pedrollo di San Bonifacio.
E dopo il Covid Confindustria torna a riunirsi in uno stabilimento
E questa è già una bella scelta: dopo anni di padiglioni fieristici e sale congressi si torna in un autentico stabilimento, dove si intuisce che maxischermi e poltroncine sono arredi provvisori pronti a lasciare il loro spazio naturale a macchinari, operai e produzione. Lo sottolinea subito Boscaini, all’inizio dell’intervista di Matteo Caccia che sostituisce la tradizionale relazione: “Le aziende sono uno scrigno di dialoghi tra arte e scienza”, dice, “e ringrazio Silvano Pedrollo per averci ospitato, fermando la produzione per fare spazio al confronto. Noi siamo pronti ad affrontare la velocità del cambiamento”.
Ma entra subito nel vivo dicendosi preoccupato per il mercato, che ritiene sotto attacco: “Non è un sistema perfetto, ma è democratico e si autoregola tutelando chi lavora, produce e investe. Ce l’ho col governo”, spiega per non lasciare dubbi, “che affronta una situazione complessa in modo anomalo: come con la vicenda degli extra-profitti che colpisce le aziende dell’energia, poi le banche o le linee aeree. Mi preoccupa un atteggiamento che ascolta solo la pancia e crea un’incertezza insostenibile. Come faccio a spiegarlo alle aziende straniere che hanno scelto di investire in Italia?”
Sul rapporto con l’Europa spiega che occorre fare scelte importanti: “Il patto di stabilità va rivisto perché gli ultimi anni hanno cambiato tutti i paradigmi. Ma “rivedere” non vuol dire liberi tutti, fare spesa pubblica e debito: significa investire nello sviluppo delle imprese, in quel new deal che era il progetto del PNRR. E in competenze che danno dignità alle persone e favoriscono lo studio e il lavoro, mentre troppi giovani abbandono la scuola”, prosegue. “Dobbiamo cambiare il concetto stesso del lavoro centrale nella vita delle persone, perché sta traballando: non bisogna dire “devo”, ma “voglio” lavorare”. Sì, ma servono tante risorse. Vero, risponde Boscaini, “ma si trovano nell’evasione, o rinunciando ai condoni, rientrando nella legalità per investire sui giovani”.
Il progetto Verona 2040, la città metropolitana e l’area del Garda
Spazio poi alla visione di una Verona che è ancora un territorio su cui costruire sviluppo e innovazione e migliorare l’attrattività. A patto di trovare la risorsa rara e preziosa costituita dalle persone: che mancano per ragioni demografiche e per la colpevole mancanza di attenzione per il lavoro delle donne. “Bisogna cominciare a credere sul serio alla diffusione delle competenze scientifiche e tecniche, cui aggiungerei le arti. E i nuovi lavori generati dalla spinta alla sostenibilità”, precisa: “le aziende cercano competenze in questo campo, per unire la crescita e una crescita più rispettosa”.
Infine uno sguardo al futuro possibile, lo stesso presentato nel progetto Verona 2040 (a questo link la ricerca e i dati degli scenari strategici) al quale finora le istituzioni hanno risposto solo con un colpevole e rumoroso silenzio. “Mi piacerebbe che Verona fosse riconosciuta città metropolitana per la consistenza del capoluogo con il suo circondario, le oltre cento multinazionali, i 30 mila studenti, i 17 milioni di presenze turistiche nel 2022”, elenca. “Una nuova apertura al mondo, soluzioni condivise con le città vicine, una regione del Garda che sarebbe la terza area d’Italia per peso economico, capace di generare alleanze e legami forti tra Verona, Mantova, Trento, Vicenza e Brescia”.
A seguire, dopo il dialogo ad altissimo contenuto tecnologico tra Marina Geymonat, capo del gruppo Enterprise Data & AI di Capgemini Invent, e Giorgio Metta, direttore scientifico dell’IIT, Istituto Italiano di Tecnologia, sono saliti sul palco lo scultore Arcangelo Sassolino, la cui opera unisce all’arte la passione per la meccanica e la tecnologia, e Giulio Pedrollo, figlio del fondatore Silvano e amministratore delegato del gruppo di famiglia. “Questa azienda è interamente, nel suo complesso, un ambiente creativo”, ha esordito Pedrollo. “In un’impresa arte significa saper fare prodotti belli e ben fatti: anzi, l’estetica e il design del Made in Italy ci spingono a introdurre la bellezza stessa in un prodotto che deve migliorare la vita di tutti nella movimentazione dell’acqua e nella trasformazione dell’energia”.
“Pedrollo: la sfida dell’innovazione parte dai dati e arriva ai prodotti”
Nata 50 anni fa, già all’inizio esportava in una quarantina di Paesi: oggi il 90% del fatturato viene venduto in tutto il mondo. “Andare oltre è tipico dell’imprenditore. Oggi sconfinare significa estrarre informazioni e dati dai mercati, capire i bisogni e trasformarli in prodotti nuovi”, spiega. “Incontriamo i nostri clienti e ci confrontiamo in tutte le lingue del mondo leggendo i trend per cercare nuove soluzioni. Sta alla nostra abilità trasformarle in ulteriori informazioni che diventano ulteriori innovazioni, idee buone per rispondere alle sfide che il mercato ci pone”. Negli imprenditori, conclude Giulio Pedrollo, c’è lo stesso spirito degli artisti: passione, entusiasmo, intuizioni, la voglia di innovare e far proprio il cambiamento, anche il più inatteso e difficile. “E progetti che rispondano alla domanda fondamentale che un’azienda condivide con tutta l’umanità: perché esistiamo?“
La conclusione è affidata al presidente nazionale di Confindustria Carlo Bonomi, che non risparmia le critiche all’Italia e all’Europa. “Un Paese con una spesa pubblica di 1100 miliardi deve saper riconfigurare una parte di questa spesa per rendere possibile investimenti, crescita, competitività e sviluppo”, dice. “In questo scenario il ruolo dell’Europa è fondamentale: ma che Europa vogliamo? Solidale durante il Covid oggi lasciare che siano i singoli Paesi a pensare ai propri investimenti. Ma se l’economia industriale è un patrimonio di tutti, perché avvantaggiare oggettivamente i Paesi con i conti in regola e quindi maggiori margini?. Ci vogliono risorse comuni: se non ripensiamo il futuro dell’Europa liberando le risorse per gli investimenti, ci faremo male per i decenni a venire”.