(di Gianni Schicchi) La Dresdner Philharmonie ha concluso felicemente la XXXII edizione de Il Settembre dell’Accademia al Teatro Filarmonico con una prestazione a dir poco maiuscola, di grande classe. Interpreti, con l’eccellente formazione tedesca, la giovane violoncellista austriaca Julia Hagen e il direttore polacco Krzysztof Urbanski, per eseguire: il Concerto in la minore op. 129 di Schumann e la Quarta Sinfonia in fa minore op. 36 di Ciajkowskij.
Il Concerto per violoncello e orchestra ti dà sempre l’impressione che il senso dell’orchestrazione del musicista ne guadagni fortemente in qualità quando oltre all’orchestra è presente un solista. L’orchestra, in questo caso, è poi in una funzione di accompagnamento nettamente più subordinata che nel Concerto per pianoforte dello stesso autore.
Ể sicuramente più esplicita nel secondo movimento, interessante e poco usuale, nel sostenere la cadenza del solista. Il concerto è una delle vette assolute del repertorio romantico: una pagina visionaria e travolgente. Julia Hagen esalta il gioco melodico della partitura nei primi due tempi, ma certamente spicca nell’ultimo “Molto veloce”: un massacrante tour de force per la grande abbondanza di figure ritmiche che porta a sovraccaricare la linea del violoncello nell’intenso dialogo con l’orchestra.
La carta giocata dalla Hagen si rivela vincente, perché da interprete di classe la ventottenne austriaca suona con eleganza e passione, in una lettura tanto attenta ai dettagli e agli equilibri, quanto accesa sul piano emotivo e mossa nel fraseggio. Ottima è l’intesa con il direttore Urbanski nell’affrontare poi la parte con un ricco gioco di vibrazioni non prive di ansie e slanci, che riesce a cogliere fino in fondo la sostanza del febbrile mondo poetico schumanniano.
Come bis la giovane solista si propone in duo con uno zio, primo violoncello dell’orchestra, quasi a voler rendere omaggio alla propria numerosa famiglia, notissima fucina di strumentisti ad arco (come non ricordare il celebre Quartetto Hagen?).
A completare la serata – iniziata con l’Ouverture da Le Nozze di Figaro di Mozart – la Quarta Sinfonia di Cjaikowskj che segna un passo qualitativo in avanti nella produzione del musicista russo, caratterizzandosi, oltre che per l’elevato livello e l’omogeneità stilistica dei quattro movimenti, per il suo contenuto tragico e appassionato, di origine autobiografica.
Il primo tempo, con l’evocazione del fato, si apre con una fanfara degli ottoni imponente che contrasta con il tema del successivo “Moderato con anima”, dall’andamento sospiroso di una danza, però piegato all’espressione di una crescente drammaticità, contrapposto ad un secondo tema tranquillo e leggero. Non meno suggestivo è il terzo tempo, uno “Scherzo vivacissimo” tutto giocato sul pizzicato degli archi, mentre il Finale si basa sul tema di un’aria popolare che conclude la sinfonia in modo gioioso e trionfale.
Raramente abbiamo sentito una Quarta Sinfonia di Ciajkowskj suonata a un tale livello di drammaticità. Il furore di questa rappresentazione sorpassa effettivamente i limiti di un concerto e di una sala da concerto, dall’inizio letteralmente fulminante, fino alla conclusione che pare consumarsi in una rabbia feroce. Al suo interno, contrasti, abbandoni, un canto lieve e disperato, violenze al limite di una sorta di teatro sonoro della crudeltà.
Pagina memorabile, vorremmo dire, perché musicalmente eccezionale e perché anche testimonianza di un vero talento nella direzione d’orchestra. Il quarantenne direttore Krzysztof Urbanski si è infatti rivelato una personalità fuori dal comune. Il suo gesto, chiaro e incisivo, è tale da rendere limpido qualsiasi ordito orchestrale e il suono ottenuto è di una levigatezza signorile, basti pensare solo a quel pizzicato degli archi del terzo movimento, lieve, delicato, spesso impalpabile, semplicemente straordinario.
Ma tutto si muove in termini tali da manifestare una personalità dallo staglio inconsueto, di un interprete fantasioso e coinvolgente, che sembra voler spiegare anche benissimo, armonia e contrappunto, forma e stile. Sotto questa bacchetta la Dresdner si rivela un complesso eccellente, anche in virtù di un suono orchestrale affascinante e sensuale, oltre ogni immaginazione. Urbanski sa poi condurre tutti con dinamiche vivaci, con tempi incalzanti, con una pittoricità narrativa non comune. Risultato: una serata godibilissima e apprezzata dal numeroso pubblico con molte chiamate in proscenio per il direttore.
L’Accademia Filarmonica ha intanto già ufficializzato una parte del prossimo Settembre 2024. Vi parteciperanno: la Mahler Chamber diretta da Antonello Manacorda, col soprano Anna Prohaska in alcuni lieder di Mahler, la Staatskapelle Dresden (l’altra orchestra di Dresda, forse la più antica al mondo, fondata a metà degli anni cinquecento) diretta da Daniele Gatti, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, diretta da Gianandrea Noseda, con i pianisti Jian Lisiecki e Francesco Piemontesi, i Wiener Symphoniker diretti da Petr Popelka con la celebre pianista russa Anna Vinnitskaya.