(di Giorgio Massignan) Con la crisi dei partiti e di conseguenza del potere pubblico nelle scelte d’uso del territorio, ha assunto una grande importanza il ruolo dell’investitore privato. Nel meccanismo che determina le scelte urbanistiche, si è radicalmente modificato il rapporto tra i due fattori. Quello politico-amministrativo si è dimostrato, o forse, ha voluto dimostrarsi incapace di controllare quello economico-affaristico, diventando succube dello stesso.  Così, in molti casi, il fattore economico ha preso il sopravvento, gestendo e/o creando direttamente i soggetti politici.
Non di rado, le Pubbliche Amministrazioni hanno delegato e delegano agli investitori privati le scelte d’uso del territorio.

Infiltrazioni dopo la dissoluzione dei partiti

In questo totale cambiamento del rapporto tra politica ed economia, con la relativa disgregazione dell’istituto del partito politico, le organizzazioni criminali, strutturate come vere e proprie aziende, sono penetrate sia nel fattore politico, avvicinando e controllando parecchie personalità, che in quello economico, fornendo denaro fresco.

La criminalità organizzata ha trovato nella stesura dei piani regolatori e nella successiva attività edilizia, un modo perfetto per condizionare i politici e gli amministratori pubblici. Da sottolineare come le infiltrazioni mafiose siano state agevolate dal metodo utilizzato dalle Pubbliche Amministrazioni di pianificare il territorio, che hanno sempre evitato ogni forma di urbanistica partecipata

Le infiltrazioni mafiose vestite di legalità

Così, quello che avrebbe dovuto essere il più importante passaggio amministrativo di un Comune, dove si progettava il futuro economico e sociale del territorio amministrato, in molti casi si è ridotto ad un atto burocratico per giustificare e legalizzare scelte ispirate dalle ‘manifestazioni di interesse’ degli investitori privati. Tra gli investitori, ci possono essere le stesse organizzazioni criminali.

infiltrazioni

Ma perché questo meccanismo possa funzionare sono necessari, oltre alla corruttibilità degli amministratori e alla disponibilità di professionisti e imprenditori locali, contesti politico-sociali in cui gli interessi personali prevalgano su quelli pubblici e dove sia assente la partecipazione attiva dei cittadini alle scelte d’uso del territorio, e quindi il controllo democratico. 
Le infiltrazioni mafiose al nord, non hanno significato mitra e lupare, ma opportuni contatti con il potere politico e quello finanziario.

Infiltrazioni mafiose e colletti bianchi

Il metodo usato dalle mafie per infiltrarsi è noto: dapprima, attraverso i propri professionisti, ‘puliti’, incensurati e senza scrupoli, imbastiscono relazioni commerciali con alcuni soggetti influenti della città, quali politici, amministratori e operatori economici quindi, grazie alla grande disponibilità di denaro di dubbia provenienza, arrivano a gestire gradualmente le scelte relative alla rendita fondiaria. 

Nel tempo, tra i rappresentanti delle mafie e gli operatori politici ed economici dei territori interessati, si costruiscono relazioni, scambi, vincoli di fiducia, obblighi e favori reciproci. 

L’edilizia e l’urbanistica, grazie alla possibilità di grossi guadagni e di riciclaggio di denaro sporco, risultano il terreno fertile per le operazioni della cosiddetta malavita organizzata, che arriva a controllare le scelte urbanistiche nella stessa fase di formazione degli strumenti di pianificazione. 

Le destinazioni d’uso

A differenza del passato, le mafie non agiscono con opere abusive, contando su sanatorie e condoni, ma ‘suggerendo’ le destinazioni d’uso durante la stesura dei Piani Regolatori, legittimando in tal modo scelte urbanistiche ed edilizie a loro più vantaggiose e acquisendo diritti che nessuno potrà bloccare. In questo modo, le mafie non costruiscono nulla di abusivo, ma tutto è realizzato secondo le norme urbanistiche ed edilizie approvate. Gli interessi mafiosi sulla gestione della città si confondono con le altre speculazioni edilizie del mercato legale e con gli effetti di una pianificazione ispirata dalle richieste degli investitori privati, incuranti dell’interesse comune e asservite al profitto immobiliare.  In questi casi, gli amministratori non collusi e i tecnici che si oppongono alle illegalità, sono emarginati o spostati, per non ostacolare quel particolare meccanismo di pianificazione. 

infiltrazioni

All’arricchimento delle imprese mafiose, ne consegue l’inquinamento del tessuto sociale ed economico del contesto in cui operano. Le stesse commissioni di controllo, sono costituite in maggioranza da membri scelti dai partiti politici al potere e, se questi sono collusi, anche i controlli vengono resi inefficaci. Da tenere presente che le mafie ben si adattano alle diverse condizioni dei contesti in cui intervengono, proprio con lo scopo di infiltrarsi e colludere con le istituzioni locali. 

Le organizzazioni criminali, come contropartita al controllo della pianificazione territoriale, sono in grado di offrire ai politici ed agli amministratori corruttibili soldi, clientele, gruppi di elettori, bacini di consenso del territorio e il condizionamento del voto.  Così, se nel passato erano i rappresentanti della criminalità organizzata che cercavano gli amministratori per fare affari, ora sono i politici a rivolgersi agli esponenti in doppio petto delle mafie per garantirsi voti, sicurezza politica e soldi. Sono ben consapevoli che conviene alla loro carriera contare sul sostegno elettorale della stessa criminalità organizzata. 

Due domande

È comunque possibile intuire quando la pianificazione di una città è stata, in qualche modo, influenzata da soggetti estranei che considerano gli strumenti urbanistici e l’uso del territorio solo delle opportunità per rispondere ai propri interessi. Per esempio: se in un territorio con un eccesso di patrimonio edilizio non o sottoutilizzato, i nuovi strumenti di piano prevedono molti nuovi mc di costruito e/o di ristrutturato con destinazioni d’uso non idonee ai bisogni della città, qualche cosa non funziona. 

In questo caso sorgono spontanee due domande: 

1- perché investire milioni di euro in residenze, centri commerciali, direzionali e alberghieri, quando il territorio non ne sente la necessità? Non siamo più negli anni ’50, non abbiamo bisogno di ricostruire la nazione. 

2- Chi ha ancora convenienza ad investire cifre molto alte nel settore edilizio, dove spesso l’offerta è superiore alla domanda?    

Così come sarebbe da valutare la stessa tipologia degli investitori che intervengono.  Andrebbe anche appurato attentamente il consueto allungamento della filiera in edilizia, con una serie lunghissima di subappalti, dove ogni passaggio potrebbe essere a rischio di infiltrazione mafiosa. Senza la connivenza di qualche politico, imprenditore e professionista locale, le mafie non possono infiltrarsi.