Su 105 donne assassinate i femminicidi sono 40. Lo ha spiegato il prefetto di Padova, Francesco Messina in una conferenza stampa tenuta in occasione della giornata contro la violenza sulle donne. Nel dare questo dato ha fatto una ragionamento di una semplicità disarmante che riporta sui binari della realtà il dibattito in corso sui femminicidi. Il femminicidio, ha ricordato, non è l’omicidio di una donna tout court, ma quello di una donna in quanto donna, cioè per motivi di genere.
Femminicidi o omicidi?
L’assassinio di una donna per rapina o per motivi d’interesse o quello del marito che uccide la moglie malata terminale e poi si suicida o altri casi che con il genere non c’entrano, non è femminicidio. E’ omicidio e basta. Sulla base di questo semplice ragionamento, su 105 donne assassinate i casi di femminicidio sono 40. Una cifra che ridimensiona notevolmente la portata di quello che si vorrebbe dipingere come un fenomeno legato alla cultura italiana o, tanto per usare un termine tornato modo all’improvviso dopo il femminicidio, quello sì, della povera Giulia Cecchettin, al patriarcato.
40 femminicidi, non 105. Sempre troppi. Che comunque fanno risultare l’Italia, già agli ultimi posti della società occidentale per questo tipo di reato, come uno dei paesi dove sono meno le donne che vengono uccise per motivi di genere. Il che smonta tutti teoremi e le chiacchiere fatte sulla presunta responsabilità della cultura e dell’educazione dei maschi Italiani sui femminicidi.
Ma non è tutto. Se andiamo a vedere chi sono gli accusati di questi 40 femminicidi emerge una dato che sconvolgerà tutti coloro che sono montati in cattedra a puntare il dito contro il presunto patriarcato che condiziona la nostra società.
Per 20 femminicidi sono accusati stranieri
Per il femminicidio di Yana Malayko, uccisa a botte, è accusato un moldavo;
per quello di Iulia Astafieya, soffocata, è accusato il compagno ucraino;
per quello di Rubina Kousar, uccisa a martellate, è accusato il figlio pakistano;
per quello di Zenepe Uruci, uccisa a coltellate, è accusato il marito albanese;
per quello di Sara Ruschi, uccisa a coltellate, è accusato il marito marocchino;
per quello di Brunetta Ridolfi, uccisa a coltellate, è accusato il genero marocchino;
per quello di Anila Ruci, uccisa a coltellate, è accusato il compagno albanese;
per quello di Danjela Neza, uccisa a colpi di pistola, è accusato l’ex guineano;
per quello di Jessica Malaj, uccisa a coltellate, è accusato il padre albanese;
per quello di Michelle Maria Causo, uccisa a coltellate, è accusato l’amico srilankese;
per quello di Giuseppina Caliadro, investita volutamente da un’auto è accusato uno straniero;
per quello di Sofia Castelli, uccisa a coltellate, è accusato l’ex marocchino;
per quello di Mara Fait, uccisa a colpi di accetta, è accusato il vicino di casa albanese;
per quello di Iris Setti, uccisa di botte, è accusato un clandestino nigeriano;
per quello di Celine Frei Matzohl, uccisa a coltellate, è accusato l’ex turco;
per quello di Vera Maria Schiopu, picchiata e impiccata, è accusato il compagno romeno;
per quello di Franca Marasco, uccisa a coltellate, è accusato un marocchino;
per quello di Rossella Nappini, uccisa a coltellate, è accusato l’ex marocchino;
per quello di Liliana Cojita, strangolata, è accusato il compagno marocchino;
per quello di Klodiana Vefa, uccisa da due colpi di pistola è accusato l’ex marito albanese;
per quello di Etleva Kanolja, strangolata, è accusato il marito albanese;
per quello di Michele Faires Dawn, uccisa a coltellate, è accusato il marito britannico.
Si tratta di 22 femminicidi sui 40 avvenuti. Il che significa che sono 18 quelli di cui sarebbero colpevoli degli italiani. Sempre troppi, sia ben chiaro! Ma se sono 18 su 60 milioni di abitanti le cause sono da ricercare nella mente degli assassini più che nella cultura del nostro paese o nel modo di educare i figli delle famiglie italiane. E questo dovrebbe bastare per mettere fine a tutte le stupidaggini che sono state dette in questi giorni.