(di Stefano Tenedini) Intel addio. E’ stato bello sognare ma alla fine, come sempre, ha vinto l’Italia dei Tafazzi: Verona resta al palo e dell’impianto destinato a Vigasio quasi certamente non sentiremo più parlare. Che delusione. La doccia fredda di cui nei mesi scorsi avevamo già sentito qualche goccia è diventata una cascata nel giro di poche ore. Il via l’ha dato l’amministratore delegato della multinazionale americana, che ha fatto filtrare dal World Economic Forum di Davos che non ci sono prospettive per l’insediamento di una mega fabbrica (le cosiddette “giga-factory”) in Italia.
L’arrivo di Intel sarebbe stato una boccata di ossigeno per l’economia locale
Altre voci sono rimbalzate dalla Germania e dalla Polonia, sottolineando che – quando arriveranno – le vagonate di dollari da investire prenderebbero la via del Nord Europa, non certo quella della Pianura Padana o di altre improbabili destinazioni come Gioia Tauro. Per onestà bisogna chiedersi se stavolta è davvero colpa nostra – noi intesi come politici, amministratori, progettisti di uno sviluppo di cui si parla tanto ma che non arriva mai, insomma il “noi” collettivo di cittadini – o se la scelta sia maturata tutta negli Stati Uniti. E quindi era inutile agitarsi tanto non c’era niente da fare, se mai c’è stato. Eppure all’inizio, quando L’Adige aveva anticipato la notizia, la strada sembrava spianata (qui il link).
Eppure all’inizio c’eravamo davvero illusi, forse addirittura convinti, che Vigasio fosse la sede ideale per la struttura industriale destinata alla produzione di microprocessori, componentistica e semiconduttori. Il regalo di uno zio d’America inatteso e benvenuto che avrebbe rappresentato una enorme boccata di ossigeno per l’economia locale: investimenti per miliardi (stime: un minimo di 1,5 fino a 4,5 e oltre), 1500 posti di lavoro diretti e altri 3500 per l’indotto. Ma anche la fortuna bisogna meritarsela: ad esempio mettendo in campo tutte le forze possibili, la politica e l’industria, gli enti locali e quella “diplomazia economica” di cui alla Farnesina si parla tanto senza riuscire neanche a descriverla con un disegnino.
Così, tanto per cambiare, ricevuta la notizia che una befana stelle e strisce poteva recapitarci una calza piena d’oro, l’abbiamo aspettata senza neanche accenderle le luci d’atterraggio. Tante belle parole e grandi aspettative, ma nessun gesto o progetto concreto. Non so, provare a buttar lì un’idea di viabilità rafforzata, qualche ipotesi di mobilità in grado di reggere l’impatto di tanti dipendenti senza mandare in tilt il traffico di mezza provincia. Zero. Il tempo (quasi un anno e mezzo) è passato e ora raccogliamo i cocci del sogno infranto e ci chiediamo cosa sarà mai successo: perché Intel non è stata rapita dal fascino di Giulietta?
Lo ha spiegato Pat Gelsinger, AD del gruppo che produce i cuori di silicio per i computer. Per adesso, fa sapere Repubblica, non è alle viste alcun progetto in Italia e Intel si è concentrata sugli stabilimenti da costruire in Germania e in Polonia. E per avere un’idea di che cosa ci siamo persi, una breve sintesi di come è nata e quanto si è sviluppata la multinazionale (a questo link). L’idea che oggi tramonta era nata nel 2022, trovando d’accordo prima Draghi e poi Giorgia Meloni, che avevano ipotizzato aiuti pubblici come segno di impegno e per favorire l’Italia.
Invece la nuova Vigasio prenderà avvio in parte a Magdeburgo e dall’altra in Polonia, dove dovrebbe sorgere un’area test. Inutile parlare di risiko planetario e di globalizzazione: con tutta la buona volontà, sempre ce l’abbia messa, l’Italia si vede una volta di più messa davanti alla propria limitata capacità di attrazione, e dà l’addio ai miliardi attesi: e non 4,5, ma quasi 30, di cui una decina stanziati dal governo tedesco.
Inutile: Verona balla sempre lo stesso girotondo, come quando chi prova a proporre un progetto di sviluppo che guardi al futuro viene ripagato da un silenzio assordante. Diciamola in sintesi. La tanto vagheggiata Silicon Valley europea nascerà, ma non a Verona. Addio sogni di gloria, di start-up e società innovative digitali destinate a far concorrenza ai cinesi. Ah, no, resta la speranza di ospitare altri stabilimenti Intel: forse impianti di riciclaggio e recupero materie prime da rigenerare in nuovi chip. Ecco: se potessimo riderci su, persa Vigasio potremmo sempre ripartire da Ca’ del Bue.