(di Gianni Schicchi) La nuova stagione concertistica 2024 de I Virtuosi Italiani decollerà giovedì 18 gennaio alle 20,30 con un importante evento che vedrà sul palcoscenico del Teatro Ristori il celebre pianista Louis Lortie misurarsi come solista e direttore d’orchestra in un programma interamente mozartiano.

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Da oltre tre decenni il solista franco-canadese si esibisce in tutto il mondo ottenendo il giudizio unanime di essere uno degli artisti più versatili, grazie alla capacità di estendere la sua voce interpretativa ad un vasto repertorio. Note le sue esibizioni, così come le sue pluripremiate registrazioni, che testimoniano la sua notevole poliedricità musicale.

Alla guida de I Virtuosi Italiani farà ascoltare al pubblico veronese, dapprima il Rondò K 382 e in seguito due tra i più noti concerti per pianoforte di Mozart, il n° 20 in re minore K 466 ed il n° 23 in la maggiore K 488.

Il 10 febbraio 1785 (l’esecuzione, preparata in grande fretta, ebbe luogo il giorno seguente) Mozart concluse la sua ventesima composizione per pianoforte e orchestra, inventando un capolavoro radicalmente antitetico al precedente numero 19 terminato due mesi prima. Per la prima volta il genere del concerto per pianoforte, che si presume brillante e festoso, vedeva Mozart scegliere una tonalità minore e muovere decisamente verso un drammatico pietismo.

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In tal senso va letta, capovolgendo il significato abituale “di gala”, la presenza in orchestra di trombe e timpani. Amatissimo da Beethoven – che compone per esso le cadenze lasciate in bianco da Mozart – il Concerto in re minore ebbe grande fortuna per tutto l’Ottocento, come simbolo di un Mozart precursore del romanticismo in musica. Travolta ogni corrente tipologia galante o militare, Mozart opta qui per un marcato dualismo fra orchestra e pianoforte, fino ad investire di significati drammatici la stessa struttura formale.

Il concerto numero 23 K 488 fu terminato invece un anno dopo ed eseguito pochi giorni dopo, nel marzo 1786 in una delle “accademie” settimanali di Mozart. Fino dal primo movimento si annuncia come un concerto fra i più preziosi e intimisti, estraneo sia alla tipologia militare che a quella genericamente galante. Gli mancano i colori marziali e decorativi di trombe e timpani, mentre è presente il timbro morbido ed evocativo dei clarinetti, una recente scoperta di Mozart. L’invenzione tematica è fertile, semplice e intensamente espressiva. La grande cadenza, alla conclusione del primo Allegro, è scritta dallo stesso autore, nella partitura autografa, contrariamente all’uso di lasciare l’improvvisazione al solista.

La chiarezza delle linee si affina ulteriormente nell’Adagio, un ritmo di siciliana, nell’insolita tonalità di fa diesis minore. Il clima di mestizia delicatissima imposto dall’esposizione, affidata come abitualmente al solo pianoforte, sta in equilibrio, più che in contrasto, con la breve parentesi aperta da un più luminoso tema in la maggiore.