A causa del boom dell’inflazione registrato tra il 2021-2023, pari al +14,2%, la famiglia media italiana ha speso in questi ultimi due anni 4.039 euro in più.
Se la spesa annuale delle famiglie nel 2021 era di 21.873 euro, nel 2023 è salita a 25.913 euro, con un aumento del 18,5%.
Inflazione da guerra
E le guerre che abbiamo alle porte, in Ucraina e in Palestina non fanno prevedere niente di buono. Se dovessero continuare l’inflazione potrebbe crescere ben di più del 2% che si prevede attualmente.
Negli ultimi 2 anni l’aumento medio è stato di 337 euro al mese. I rincari più importanti hanno interessato i biglietti aerei, le bollette di luce e gas e i prodotti alimentari come zucchero, riso, olio di oliva, latte a lunga conservazione, burro.
I dati sono della Cgia di Mestre.
Una tale perdita di potere d’acquisto non avveniva da almeno 25 anni. In altre parole, negli ultimi 24 mesi abbiamo speso di più e acquistato un numero di beni e di servizi decisamente inferiore.
L’inflazione colpisce le botteghe
A farne le spese anche le attività commerciali. Mentre la grande distribuzione ha tenuto le vendite nei negozi di vicinato hanno subito una calo preoccupante. Tanto che molti sono stati costretti a chiudere. Un fenomeno che ha una ricaduta non solo economica ma anche sociale e urbanistica: i centri delle città si vanno spopolando e per gli anziani che continuano ad abitare nella loro casa e magari sono senza macchia diventa un problema andare a fare la spesa.
I generi che sono aumentati di più sono: i biglietti aerei internazionali (+106,1%); le bollette dell’energia elettrica (+93,1%); i biglietti aerei nazionali (+65,4%); le bollette del gas (+62,5 %); lo zucchero (+61,7%); il riso (+48,2%); l’olio di oliva (45,5%); il latte conservato (+37,4%) e il burro (+37 %).
Per contro sono diminuiti i televisori (-28,6%), i cellulari (-12 %), i CD/DV player, stereo, amplificatori, radio, etc. (-11,4%), test di gravidanza e contracettivi (-10,3%) e i libri di narrativa (-6,3%).
Una magra consolazione se si considera che gli aumenti, e anche pesanti, sono tutti a carico di generi di prima necessità, di cui non se ne può fare a meno, mentre le diminuzioni sono relative a generi voluttuari.