(di Angelo Paratico)  Venerdì,16 febbraio alle 21 Carlo Vivaldi Forti presenterà il suo libro “Sogno Veneziano”,l’opera che Puccini non fece in tempo a scrivere, stampato dalla Casa Editrice Gingko di Verona, presso la cinquecentesca chiesa di San Rocco a Quinzano.

L’opera che Puccini stava abbozzando

Giacomo Puccini morì il 29 novembre 1924, a Bruxelles, al culmine della sua potenza creativa. Per quanto grandi siano stati alcuni compositori che lo precedettero, come Mozart, Wagner e Verdi, a distanza di cento anni dalla sua scomparsa, forse, solo la musica di Puccini riesce ancora a scuotere violentemente i cuori di noi viventi. Il Maestro lasciò incompleta la sua Turandot ma, questo in pochi lo sanno, già stava abbozzando la sua opera successiva, che si sarebbe chiamata “Sogno Veneziano”.

Venerdì,16 febbraio alle 21 Carlo Vivaldi Forti presenterà il suo libro “Sogno Veneziano”,l’opera che Puccini non fece in tempo a scrivere,
Giacomo Puccini in auto dietro a sinistra

Di questo suo programma ne parlò con gli amici più intimi, e fra costoro v’erano gli antenati dell’autore di un libro scritto da Carlo Vivaldi Forti e pubblicato a Verona, che s’intitola, appunto, “Sogno Veneziano”. Questa è una vera chicca per gli appassionati del Bel Canto in tutto il mondo. Carlo Vivaldi Forti è un professore universitario, originario di Pescia e autore di molti testi di storia e sociologia.  Non riveleremo qui la sostanza della ricostruzione fatta nel libro da Vivaldi Forti, per non rovinare il piacere ai lettori. Ma ecco qui dei passi.

“Ricostruire l’intero panorama dei rapporti fra i miei familiari e Giacomo Puccini ha richiesto la composizione di un autentico puzzle di memorie sparse, comunicatemi da parenti più o meno prossimi e in tempi diversi, le cui tessere ho dovuto incastrare pazientemente l’una nell’altra. Non è mai esistito, infatti, un “corso organico” di materia pucciniana, del quale abbia potuto beneficiare. Occorre ribadire, d’altra parte, che la frequentazione di personalità eminenti non rappresentava un evento straordinario in casa nostra. Ci guardavamo bene dal considerarci privilegiati per questo, parlando dei nostri amici in termini di pura curiosità, e solamente quando qualche motivo specifico ce ne forniva lo spunto. Una delle prime volte che mi ricordi, in cui ho sentito rammentare il grande Maestro lucchese, fu in occasione di una gita a Torre del Lago, organizzata un sabato pomeriggio dell’agosto 1953, da papà e mamma, che dalla nostra residenza estiva in Versilia, Villa Giulia nel Viale del Secco, ci avrebbe condotti sulle sponde del vicino lago di Massaciuccoli. 

“Oggi andiamo a casa di Puccini”, affermò mio padre, mentre avviava il motore della macchina. Non sapendo chi fosse questo signore, ritenendolo vivo e vegeto, tale prospettiva non suscitò in me particolare entusiasmo, come accadeva ogni volta che dovevo accompagnare i grandi da qualche sconosciuto. Oltretutto, timido e impacciato com’ero, avrei di gran lunga preferito recarmi sulla spiaggia a giocare coi miei amichetti, piuttosto che perdere un giorno di vacanza in modo così insulso. Soltanto quando ci trovammo nell’abitazione di questo presunto amico, mi resi conto di essere in un museo, e che il proprietario era morto da tempo. Percorse le diverse stanze, osservai il pianoforte, gli spartiti, le foto e gli autografi, uscimmo sulla piazza antistante, che ovviamente da lui prende il nome, e per consolarmi del mancato pomeriggio al mare ci sedemmo sulla terrazza del famoso Chalet Emilio, ove gustai voracemente un gigantesco gelato misto con tanto di ombrellino sulla cima.

Venerdì,16 febbraio alle 21 Carlo Vivaldi Forti presenterà il suo libro “Sogno Veneziano”,l’opera che Puccini non fece in tempo a scrivere,
Terzo a sinistra Bruno Vivaldi, con La Pira e Spadolini nel 1955

A quel punto, diventato curioso, domandai a mio padre chi fosse mai quel signore, così importante da dover pagare addirittura un biglietto per entrare in casa sua. Fu allora che egli iniziò a narrarmi, per filo e per segno, le vicende che lo avevano indotto ad effettuare quella visita, ispirata alla nostalgia e al rimpianto di tempi passati. Non memorizzando, a distanza di tanti anni, le sue esatte parole, mi limito a riferirne la sostanza. Eccola. I nonni Carlo e Luisa Vivaldi, che purtroppo non ho conosciuto di persona, all’inizio del secolo scorso trascorrevano le vacanze estive a Marina di Pisa, ove possedevano una bella casa con giardino in Via dei Cavalieri di Santo Stefano. Quella era l’epoca d’oro per la località rivierasca di Bocca d’Arno. 

L’affetto e l’ammirazione per il compositore contagiarono pure mio padre Bruno, anch’egli pucciniano convinto, tanto che spesso, la mattina in bagno o durante le passeggiate sulla spiaggia in Versilia, canticchiava le sue opere. Appena venticinquenne era stato tra i pochi fortunati ad assistere, il 24 aprile 1926, presso la Scala di Milano, alla rappresentazione postuma dell’ultima fatica di Giacomo, rimasta purtroppo incompiuta avendolo colto prematuramente la morte, nel novembre 1924. Quella storica Prima, a cui era presente una qualificata rappresentanza dell’élite nazionale, fu tra l’altro accompagnata da violente dispute politiche.

Venerdì,16 febbraio alle 21 Carlo Vivaldi Forti presenterà il suo libro “Sogno Veneziano”,l’opera che Puccini non fece in tempo a scrivere,
Puccini a pochi mesi dalla morte

Arturo Toscanini, direttore d’orchestra, si era infatti rifiutato di suonare Giovinezza, l’inno fascista, accanto alla Marcia Reale. Qualora vi fosse stato costretto, avrebbe abbandonato il podio. Dopo un lungo tira e molla con le autorità, alla fine Mussolini rinunciò ad intervenire, e così la serata filò liscia. A distanza di trent’anni, Bruno non riusciva a trattenere la più profonda emozione, rievocando il momento in cui, dopo il suicidio di Liù, Toscanini si era rivolto al pubblico pronunciando la storica frase: “Qui termina l’opera incompiuta. A questo punto il Maestro è morto”. 

In sala cadde un silenzio claustrale, mentre il pubblico si alzò in piedi restando immobile per alcuni minuti. Quando l’immensa lumiera si riaccese, esplose un lunghissimo applauso e tutti si volsero verso il Palco Reale, ove dalla balconata salutavano il figlio Antonio e la moglie Elvira, che stringeva ancora in mano il fazzoletto con cui si era asciugata le lacrime.