(di Giorgio Massignan) Quale coordinatore dell’Osservatorio territoriale “Veronapolis”, qualche giorno fa, ho chiesto al sindaco e alla vicesindaca di incontrarci per un confronto su alcune scelte urbanistiche che sembrano stiano per essere assunte da questa amministrazione comunale, ma non ho ricevuto alcuna risposta.
La difficoltà degli attuali amministratori a confrontarsi con coloro che non appartengono a gruppi politici e/o sociali di loro dichiarata fedeltà, l’avevo colta già nella formazione dei tavoli di lavoro per la preparazione del programma elettorale. Infatti, erano stati esclusi parecchi soggetti che, pur battendosi da decenni per una città migliore, forse erano considerati scomodi e poco inquadrabili.
I primi passi della nuova amministrazione sono stati quelli di confermare molte delle vecchie scelte della passata amministrazione, con le giustificazioni che tutto era stato deciso e che non era possibile modificarlo; oppure che non si dovevano perdere i finanziamenti pubblici.
Per paradosso, quei finanziamenti potrebbero peggiorare la situazione attuale, vedi il “Parco urbano della cultura“, che altro non è che una serie di piste per skateboard davanti alle mura magistrali, che andrebbero invece liberate da tutte le strutture che le nascondono; o il progetto a forte Santa Caterina che, oltre a ghettizzare i disabili e i loro famigliari, rischia di iniziare un processo di urbanizzazione delle aree agricole limitrofe.
Contro questo progetto abbiamo presentato 1.100 firme, ma i signori della giunta non ci hanno dato neppure la ricevuta. Da mesi invio note e comunicati agli amministratori comunali sui nostri obiettivi: blocco del consumo del suolo, vera pianificazione partecipata e ripopolamento del centro storico, ma sinora abbiamo ricevuto il silenzio più assoluto.
L’urbanistica di Tommasi non è partecipata
Si ha la triste impressione che le più importanti scelte urbanistiche non siano definite attraverso una vera pianificazione partecipata, ma utilizzando i metodi tradizionali e il confronto diretto con i portatori di interesse.
Temo che i progetti per i poli logistici della Marangona e della Palazzina, per il grand hotel Marriot in pieno centro storico e per i nuovi centri commerciali ubicati negli edifici degli ex cinema in centro, saranno realizzati; così come non saranno risolti i problemi riguardanti la carenza di una seria politica della casa, che possa avviare un processo di ritorno di abitanti in centro; e della necessità di alloggi a canone controllato per gli studenti delle nostre università.
Per non parlare del filobus che questa giunta si è trovato blindato, ma che non sarà utile per la mobilità urbana, anzi. Su Ca’ del Bue non mi esprimo, attendo le analisi e le valutazioni tecnico-scientifiche, con la speranza che siano obiettive.
Ci piacerebbe conoscere quale sarà l’idea di città che intendono realizzare; come saranno definiti i rapporti con il demanio militare e conseguentemente con i complessi edilizi e le caserme inutilizzate; come verranno inserite, nella pianificazione del territorio, le aree industriali dismesse; quale ruolo avrà la cultura e le sue strutture, attuali e future, nel nuovo assetto della città; e come saranno inseriti i sistemi del verde e della mobilità nella pianificazione generale; infine, se il metodo di redigere il PAT sarà di vera partecipazione, con la formazione di una consulta di persone competenti provenienti dalla cosiddetta società civile, o sarà limitato ad alcune sedute di presentazione e di ascolto.
Detto questo, ci si pone la fatidica e storica domanda: “Che fare?”.