(di Simone Alessandro Cassago) Torna sullo scacchiere bancario italiano, una operazione che avrebbe del “clamoroso”; ovvero un matrimonio tra Unicredit e Generali, un risiko che appare difficile ma non impossibile.
Si tratta di una fusione che negli anni passati si era già presentata al mondo della finanza italiana, ma poi finita in un nulla di fatto. E ora – sull’onda dei risultati boom del 2023 – si ripropone una sorta di pronti, partenza , via nell’attesa di vedere chi sarà il primo pronto a scattare.
Durante queste ultime settimane, il mondo della finanza lombarda è in fibrillazione (con ripercussioni evidenti in borsa nell’andamento dei rispettivi titoli), in quanto ha sempre preso più piede, come annunciato sopra, l’operazione che vedrebbe la creazione di un “gigante nazionale” nel mondo finanziario; la fusione fra UniCredit (52 mld di euro di capitalizzazione), Generali (33 mld di capitalizzazione) e Mediobanca (10 mld di capitalizzazione); al centro di tutto vi è UniCredit (la quale possiede già un “tesoretto di 10 mld di euro per eventuali operazioni di acquisizione), la quale si figura come possibile compratore, anche se la preda rimane Generali, con una operazione congiunta da eseguire assieme a Mediobanca.
A volerla veder andare in porto, pare vi siano azionisti di primo piano di Generali – qui sotto il grafico a cinque anni – come Delfin degli eredi di Del Vecchio, e Francesco Gaetano Caltagirone; la situazione è ancora da definirsi bene nei suoi aspetti (consideriamo che “mostro” verrebbe a crearsi nel mondo della bancassicurazione), in quanto gli esperti di fusioni e acquisizioni sono divisi al 50/50, ovvero vi è chi ritiene l’operazione improbabile e chi, invece probabile.
Deutsche Bank , ad esempio, evidenzia diversi ostacoli, tra cui (per UniCredit) l’impatto diluitivo nella distribuzione degli utili per azione, e il rischio di disgregazione del ruolo di Mediobanca, sotto l’andamento sempre a 5 anni, nell’Investment Banking nostrano.
Intermonte SIM , invece, sottolinea il solido razionale industriale di una possibile fusione, e i potenziali vantaggi in settori in cui UniCredit è meno presente, come il credito al consumo e l’Investment banking; importante anche da valutare il ruolo che andrebbe a svolgere il “gioiellino” del private banking del Leone: Banca Generali.
A supporto di questa operazione, pare vi sia già un timido ok da regolatori coma la BCE, che considera il CEO di UniCredit Orcel, come un “timoniere” perfetto, visto la sua grande esperienza maturata a livello internazionale nel ramo delle fusioni e acquisizioni, considerando anche che fu lui a convincere nel lontano 2000 Alessandro Profumo nell’unire tutte le banche federate sotto Unicredito Italiano, in una sola realtà come Unicredit (di cui fu advisor dell’operazione)
In conclusione, mentre UniCredit rimane un candidato “in pectore” per il consolidamento nel settore bancario italiano, i movimenti di Borsa indicano anch’essi attesa per questa possibile operazione.
Tuttavia resta ancora poco chiaro se UniCredit, invece, possa ancora ragionare su altre possibilità, come Banco BPM, BPER e MPS (anche se su MPS, le voci degli analisti parlano di un possibile allontanamento dall’ipotesi di fusione con Piazza Gae Aulenti).