(di Sebastiano Saglimbeni) Potrà accadere che non li leggeremo, non volteremo le pagine, con certo godimento o sdegno. Tantissimi, tuttavia, ad iniziare dagli autori di valore, dai dilettanti e pure dagli sprovveduti, credono di innalzarsi, alti alti scrivendo libri. Conseguentemente lavorano e traggono profitti gli editori, grandi e veri, piccoli ed affaristi. Ne esistono ovunque. Ma qui in difesa di chi scrive una nota che recita.
Tomasi di Lampedusa propone
“Quando ci si trova nel declino della vita è imperativo cercar di raccogliere il più possibile delle sensazioni che hanno attraversato questo nostro organismo. A pochi riuscirà di fare così un capolavoro (Rousseau, Stendhal, Proust), ma a tutti dovrebbe essere possibile preservare in tal modo qualcosa che senza questo lieve sforzo andrebbe perduto per sempre. Quello di tenere un diario o di scrivere ad una certa età le proprie memorie dovrebbe essere un dovere “imposto dallo Stato” : il materiale che si sarebbe accumulato dopo tre o quattro generazioni avrebbe un valore inestimabile….”.
Quanto sopra lo scriveva lo sfortunato Giuseppe Tomasi di Lampedusa che non vide editata la sua opera, Il gattopardo, rifiutata da alcuni editori, per assurgere, ironia della sorte, dopo la sua scomparsa, agli onori, onore al film di Luchino Visconti che contribuì tanto alla fortuna dell’editore Feltrinelli. Dei libri scriveva lo scrittore e poeta neogreco Nikos Kazantzakis. Faceva pronunciare ad un personaggio di una sua breve opera teatrale dal titolo Commedia: “…io tutti i libri li lacerai, me ne uscii fuori a cercare nel libro della vita la verità… mi curvai su tutte le erbe della terra e le pregai di svelarmi il segreto della vita…”.
Icastica proposizione. Il testo Commedia, per la memoria, è stato reso nella nostra lingua dal famoso grecista Filippo Maria Pontani ed editato dalle veronesi Edizioni del paniere. Sui libri, fra l’altro, scriveva Seneca: “Cerca ogni giorno nella lettura un aiuto…”. Si continua a scrivere che tantissimi libri di vari contenuti non vengono letti. Giacomo Leopardi all’inizio del 1800 scriveva in uno dei suoi Pensieri: “ … l’usanza del secolo è che si stampi molto e che nulla si legga…, si stampi molto e i libri si stampano per vedere e non per leggere ”. Allora, allora, due secoli ed oltre or sono, come adesso.
Stracolme le biblioteche pubbliche di opere. Non poche nelle case degli insegnanti e di lettori di varia estrazione sociale e culturale. Si accennava prima agli editori. Ne esistono a non finire, quelli veri, pochi e li conosciamo, tanti quelli che non scoprono e non scommettono sul prodotto proposto che editano con l’impegno da parte da chi l’ha scritto dell’acquisto di parecchie copie o di contribuire alle spese della stampa. Ma a parte questa spiacevole verità.
Penso a chi ancora, meditando, quanti leggeranno nelle linde traduzioni italiane i due sempre da scoprire e meditare poemi omerici, i Tragici e i Lirici greci, quel capolavoro, La guerra del Peloponneso di Tucidide e, avanzando nel tempo, penso a quanti leggeranno i nostri consistenti scrittori e poeti italiani del nostro tempo. Che sono, ad esempio, Antonio Fogazzaro, Giovanni Verga, Luigi Capuana, Federico De Roberto, Giosue Carducci, Luigi Pirandello Giovanni Pascoli, Riccardo Bacchelli, Grazia Deledda, Carlo Emilio Gadda, Alberto Moravia, Elsa Morante, Elio Vittorini, Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, Alfonso Gatto, Mario Luzi, Roberto Roversi, Pier Paolo Pasolini, Paolo Volponi ed altri, pure minori ed efficaci.
La Tv e i libri
Autori, questi, antologizzati con testi scelti che apprendono i discenti guidati dai docenti. Non letti interamente. La televisione ha contribuito a sconfiggere la lettura e poi di più i cosiddetti social. Una pletora di persone, pure attempata, manovra, manovra quell’aggeggio, dal quale, digitando, non senza ossessione, estrae un’infinità di notizie e, pertanto, si genera un’evasione di letture dai libri. Che si continuano a scrivere e a editare. Tra i molteplici libri, ci pare di esortare a leggere quelli pensati e scritti durante le detenzioni carcerarie.
Si ricordava sopra Leopardi che pure parlava della noia che i libri generano e, per quest’altro motivo, non vengono letti. La noia ed altro di questa nuova era offusca i mortali… Ricordava ancora il grande recanatese il poeta Virgilio che mentre recitavail VI libro dell’Eneide ad Ottaviano e a Ottavia, la donna svenne, “ non per la memoria, come dicono, del figliolo Marcello, quanto per la noia del sentir leggere”. E per chi ci leggerà, questa storia ebbe un’eco straordinaria. Esiste un eccelso dipinto a firma di una artista di nome Angelika Kauffmann del 1700, vissuta in Italia e morta a Roma all’inizio del 1800. Il dipinto s’intitola “Virgilio legge l’Eneide ad Augusto e a Ottavia”.
La lettura dei libri oggi annoia questa nostra vasta società di vecchi. Ma ancora non annoia quell’aggeggio tra le mani di migliaia e migliaia di persone. Quanti libri. Tanti che l’hanno acquistati, dopo qualche tempo, si liberano, assieme ad altro cartaceo, collocandoli nei cassonetti dei rifiuti. Ancora dei libri. Quelli che scrivono e pubblicano i giornalisti della televisione. Li vediamo con il loro libro ora in un canale ora in un altro. Ciò contribuisce a certo smalto, ma per poco.