(di Gianni Schicchi) Franck Peter Zimmermann, dopo l’applaudita esibizione con la Streicherakademie di Bolzano di qualche anno fa al Ristori, è tornato a Verona per misurarsi, questa volta, con i complessi orchestrali della Fondazione Arena al Filarmonico. Il celebre violinista di Duisburg si è proposto col temibile Concerto in re maggiore per lo strumento, nell’ambito del secondo appuntamento dedicato all’integrale delle opere di Johannes Brahms
I tratti dominanti di questo capolavoro sono ancora il dramma e il lirismo. Un’opera che osa avvicinarsi a stati d’animo molto pericolosi, abissali e profondi, dove viene messo in evidenza l’enorme contrasto tra l’estasi e il totale isolamento solitario. Nel primo e in parte nel secondo movimento, Brahms ha molto da dire infatti sul dolore. Energico e incisivo è il terzo movimento, per lo sviluppo magistrale dell’elaborazione tematica e per il virtuosismo, anch’esso disteso e imponente; dopo la cadenza segue una ripresa altrettanto grandiosa.
L’esecuzione di Franck Peter Zimmermann è tesa e drammatica, di una affascinante spontaneità che sembra nascere dall’estro del momento. Tra gli episodi più riusciti, il secondo soggetto del primo movimento, cantato in modo deliziosamente languido, ma senza alcun cedimento, anzi con una sottile capacità di narrazione che porta ad una eccitazione e ad uno slancio crescenti nella costruzione del grande climax. Nella sezione centrale del secondo movimento, che si apre con splendidi colori autunnali, il violino di Zimmermann suona passionale, ricco di vibrato e nel finale sprigiona un’incontenibile energia, capace di esprimere per contrasto una gioia quasi selvaggia.
La sua esecuzione, accolta con applausi ritmati del pubblico e ben otto chiamate in proscenio, è compensata da due eccezionali bis (Schubert e Bach).
L’intesa con Christoph-Mathias Mὔller e l’Orchestra Areniana è perfetta: il direttore d’orchestra svizzero è un accompagnatore prezioso ed accorto, sopportando ed assecondando ogni tratto dell’interpretazione di Zimmermann. La ripresa del concerto vede poi l’esecuzione della Seconda Sinfonia di Brahms in re maggiore, che nonostante certe ombre di ambiguità, è un’opera distesa, facile, accattivante, di immediata seduzione sonora: tutti i quattro tempi che la compongono sono indicativi di questa nuova scelta poetica. Una sinfonia che conferma, accanto alla vocazione “mozartiana”, l’equilibrio classico e la natura disincantata dell’autore.
La lettura di Mὔller ci è parsa abbastanza radicale, lontana dalla consueta distesa serenità, per essere indagata nelle sue più riposte pieghe di tensione e malinconia attraverso un’asciuttezza di tratti che però non rinuncia alla varietà dei colori, come ai rilievi dinamici e ai gesti inusitati. Basti per tutti l’impressionante frenesia motoria dell’Allegro con spirito finale, che si trasforma da festoso girotondo popolaresco in una ridda di eccitazione oscura e travolgente, dove va messo in conto, pure la prova superlativa dell’Orchestra Areniana (in gran spolvero i 50 archi e intonatissimi corni e strumentini. Successo vivissimo della serata con grandi ovazioni tributate dal pubblico.