‘Dio-La scienza-Le Prove’, il saggio di Michel-Yves Bollorè e di Oliveier Bonassies è uno dei libri più venduti. Un tomo di 600 pagine che intimidisce solo a vederlo. O forse respinge. I ritmi cui ci ha abituato la società in cui viviamo allontanano da una lettura così impegnativa. E non solo per il volume del libro, ma per l’argomento.
Gli autori, francesi, uno ingegnere informatico, l’altro teologo e imprenditore, per 3 anni hanno messo insieme le prove dell’esistenza di Dio, convinti che siamo “all’alba di una nuova rivoluzione”.
Il materialismo, l’ateismo e l’agnosticismo, sostengono gli autori, hanno ricevuto un colpo mortale alle loro teorie dalle acquisizioni cui è addivenuta la scienza negli ultimi decenni.
Impossibile recensire analiticamente tutto quello che è scritto nel libro. Le tesi esposte, riassumendo, si possono dividere in 3 grandi categorie: le prove scientifiche, quelle filosofiche e quelle storiche.
La scienza porta a Dio
E’ il big-bang, sintetizzando, la prova scientifica principe che dimostra l’esistenza di Dio. Se c’è stato un inizio, osservano gli autori, vuol dire che ci sarà anche una fine. Il che significa che l’Universo non è sempre esistito, ma è stato creato da un entità trascendente, cioè Dio.
E tutte le scoperte che la scienza ha fatto nell’ambito della cosmologia e della biologia, che evidenziano che esistono miliardi di regole, logiche e rigorose, che hanno permesso e permettono la vita, significa che esse sono state programmate da un essere infinitamente potente e superiore. Dio appunto.
La filosofia porta a Dio
Ci sono poi le prove filosofiche, basate sul ragionamento puro. Tutto quel che esiste nell’universo è una “realtà contingente”, in quanto ha la propria ragion d’essere in qualcos’altro. Ma questo allora dev’essere una “realtà necessaria” che ha in sé stesso la propria ragion d’essere. Lo stesso Universo è una realtà contingente che ha la propria ragion d’essere in una “realtà necessaria”, che per essere tale è svincolata da tutte le caratteristiche tipiche delle “realtà contingenti”: spazio/tempo, quantità, composizione. Quindi questa “realtà necessaria”, non spaziale, temporale e semplice non può che essere Dio.
La tesi storica
Lascia invece perplessi la parte in cui gli autori pensano di trovare la prova dell’esistenza di Dio nella storia degli Ebrei, il ‘popolo eletto’ della Torah. Secondo loro il fatto che essi, immersi in un contesto geografico e storico politeista e idolatrico, abbiano elaborato una religione monoteista; il fatto che gli Ebrei siano rimasti sé stessi nel corso di 3 mila anni mantenendo inalterata la propria identità e la propria religione;
che pur dispersi per il mondo siano riusciti, dopo 2 mila anni, a ricostituire uno stato; che siano l’unico popolo che è stato capace di riprendere a usare la propria lingua, che era rimasta in uso solo nell’ambito religioso, dimostra che Dio li ha voluti utilizzare per trasmettere all’uomo qualcosa e per far nascere tra loro quel ‘Messia’, promesso dalla Bibbia, e che altri non è se non Yesuha, Gesù.
Comprensibile e pregevole l’intento degli autori di lasciare una ‘summa’ di tutte le prove esistenti per dimostrare l’esistenza di Dio, un’idea di Dio pura, svincolata da ogni credo religioso.
Se si fossero limitati alle prove scientifiche e filosofiche, avrebbero ricevuto maggior credibilità e convinto molti più lettori. Soprattutto quelli che sono arrivati a rifiutare l’idea di Dio a causa dei difetti delle religioni che lo vogliono rappresentare. Invece andando a parare sull’idea di Dio della tradizione giudaico-cristiana, inevitabilmente hanno avuto l’effetto di limitare il risultato che volevano ottenere.