Venerdi 3 maggio, in una sala conferenze della Banca Popolare di Piazza Nogara praticamente piena, ha avuto luogo la cerimonia di premiazione della 19^ edizione del Premio letterario nazionale “Generale Loris Tanzella”, bandito dal Comitato di Verona dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. Molta gente, molta commozione, qualche lacrima. E molte sorprese.
Il Premio intende valorizzare ricerche e scritti che recuperino e trasmettano la memoria della storia degli esuli giuliano-dalmati e della loro cultura, divulgandone in tal modo la conoscenza ed è inserito tra le iniziative dell’associazione veronese organizzate per il “Giorno del Ricordo”.
Un premio per mantenere la memoria
Il premio ha avuto, come in tutte le precedenti edizioni, il patrocinio del Comune di Verona. Impegnato più sul proprio smartphone che a seguire la cerimonia, l’assessore Buffolo ha portato i suoi saluti prima di essere richiamato ad altri impegni.
Il primo premio assoluto è stato assegnato all’opera autobiografica di Ottavio Missoni “Una vita sul filo di lana”, ed è stato ritirato dal figlio Luca, commosso, che nel ricevere il riconoscimento e commentando la motivazione, ha ricordato quanto il padre portasse per tutta la vita la sua Dalmazia nel cuore.
Tra i numerosi premiati nelle diverse sezioni (testimonianze, narrativa, ricerche storiche, poesia) da segnalare l’opera “In tempo di pace”, di Raveggi-Velli, che si basa sulle memorie autobiografiche di un esule da Pola, Claudio Bronzin, testimone oculare della strage di Vergarolla del 18 agosto 1946. Ginnico, il quasi novantenne Bronzin è salito sul palco della premiazione assieme alle autrici del libro, ha salutato ringraziando giuria e pubblico ricordando il suo costante impegno di testimonianza profuso in tutti questi anni e sfociato, con grande soddisfazione, nella stesura dell’opera premiata.
Va segnalato come, tra i premiati, diversi autori abbiano dichiarato di non avere alcun legame familiare né amicale con il mondo dell’esodo giuliano-dalmata. Grazie alle conoscenze e all’interesse suscitati dal “Giorno del Ricordo”, mossi dalla curiosità, dallo spirito di ricerca e di giustizia, hanno autonomamente intrapreso un cammino di avvicinamento che li ha portati alla stesura di opere di rilievo, tanto da essere premiate nelle diverse sezioni del Premio Tanzella.
E’ il caso di Alberto Bolzoni, che con il romanzo “Ho incontrato Norma” ha ricevuto il secondo premio nella sezione Narrativa e Poesia, e di Fabiano Ciacci, che con l’opera “Foibe. La questione del confine nord-orientale” ha ricevuto il secondo premio nella sezione Storia e saggi storici. Curiosità: l’opera contiene, tra l’altro, un completo ed originale elenco dei “libri di testo per le scuole senza foibe”.
A testimoniare che i problemi del confine orientale sono tutt’altro che risolti, la giovane ricercatrice capodistriana Valentina Petoros Jeromela, premiata nella sezione nuove ricerche storiche per la sua originalissima opera “1918-1921: fuoco sotto le elezioni”, nel suo intervento di saluto parla delle continue “slavobugie”, della fastidiosa slavizzazione del suo cognome, che in italiano sarebbe “Pettirosso”, e dichiara che per lei “… piazza Tito non è piazza Tito, ma piazza Duomo!”, venendo interrotta da un fragoroso applauso della sala.
Altra “chicca” di stretta attualità l’ha fornita Eufemia Giuliana Budicin, premiata per il suo saggio “Il luminoso medioevo degli affreschi istriani”, la quale, riferendo delle sue anche recentissime visite nelle oltre sessanta chiese affrescate presenti in Istria risalenti al periodo medioevale, invita a visitarle, a frequentarle, chiederne le chiavi (moltissime sono sempre chiuse), e segnala essere in atto da parte di Slovenia e Croazia quella che lei chiama “una poderosa opera di slovenizzazione e croatizzazione dell’intero patrimonio artistico presente sul territorio”.