(di Gianni Schicchi) Grande exploit dell’Ensemble Ottoni del Conservatorio Dall’Abaco alle celebrazioni in onore del patrono. L’ultimo concerto strumentale nella basilica di San Zeno (l’ultimo interamente corale è invece previsto per l’8 giugno con il Coro Calycantus di Treviglio) ha visto protagonista la giovane scuola diretta dal maestro Alberto Frugoni (aiutante Ferdinando Danese) impegnata in un programma abbastanza complesso e diversificato, tra brani del Sei/Settecento e contemporanei.
I giovani interpreti hanno dato fondo a tutte le loro qualità e potenza di suono, disposti di volta in volta, in assieme o per gruppi di strumento, dislocati anche in diverse posizioni della basilica superiore, per creare una speciale coreografia che l’eccezionale acustica della chiesa ha ancor più esaltato. Ne sono stati un esempio i doppi cori nelle Canzon Mantovana e poi Veneziana di Grossi da Viadana e nella XIII Canzon di Gabrieli. In grande spolvero il quartetto di tromboni col Drei Equali di Beethoven suonato senza direttore, autori: Jacopo Ramaro, Ludovico Zambonin, Edoardo Paserto e Attila Csany e il brillante trio di trombe nella difficile Fanfara for St. Edmusbury di Benjamin Britten.
Un comparto quest’ultimo che ha compreso altri strumenti come i trombini e i flicorni dove si sono misurati: Raffaele Tajariol, Marco Orlini, Ignazio Rosa, Luca Micheletti, Pietro Salardi, Aleksandar Bagli MIlev, Ramon Veiga e la tuba di Nicholas Scorza. Ne è scaturito un percorso musicale quanto mai vivace e suggestivo nell’alternanza e nella combinazione di timbri anche fra loro contrapposti, solisticamente rispondenti alle pratiche e allo spirito del tempo, grazie alla coesione oltre ad una condotta globale sempre sorretta da una grande freschezza ed esuberanza.
In questo senso sono state puntualmente ricreate le atmosfere di epoche diverse, musicalmente anche con forme e sonorità sempre nuove, imprevedibili e spettacolari, grazie anche ad una intonazione impeccabile e ad una globale padronanza di non facili letture che hanno permesso di tradurre con efficacia la peculiarità di ogni singolo brano.
Tutti i brani sono stati dominati da un virtuosismo a volte debordante, finalizzato a porre in piena evidenza le possibilità tecniche e le agilità degli strumenti, permettendo ai giovani interpreti di distinguersi per una brillantezza che il numeroso pubblico presente ha mostrare di apprezzare con vistosi applausi. In chiusura perfino tre celebri Corali di Bach, con l’ultimo bissato, a completare una serata non usuale (viste le formazioni in campo), ma assai coinvolgente.